
il ministro dell’economia Gualtieri in videoconferenza con i suoi colleghi dell’UE
In questi giorni tragici si sta discutendo, a livello europeo, su quali strumenti economici siano più adatti per fronteggiare la drammatica crisi creata dalla Pandemia del COVID-19. Una delle ipotesi, sulla quale l’opinione pubblica si sta soffermando, è quella dei “coronabond”. Ipotesi subito criticata dai rigoristi del Nord (Olanda e Germania) che non ne vogliono sapere di condividere il debito con l’Europa mediterranea (Francia, Italia Spagna). Ovviamente a loro fa paura il debito italiano. Ma al di là degli aspetti economici, che non vanno assolutamente sottovalutati, in un recente articolo Luigino Bruni, ordinario di Economia Politica e di Storia del pensiero economico all’Università LUMSA di Roma, ha approfondito, in un articolo, apparso pochi giorni fa, sul quotidiano cattolico Avvenire, le radici “filosofiche” della questione del debito. Ha fatto partire la sua riflessione da Nietzsche: “Questi genealogisti della morale si sono mai, sino a oggi, anche solo lontanamente immaginati che, per esempio, quel basilare concetto morale di ‘colpa’ ha preso origine dal concetto molto materiale di ‘debito’?». Questa famosa frase è tratta dalla ‘Genealogia della morale’, da qui inizia il nostro dialogo.
Lei afferma che c’è un diverso approccio al debito tra “nordici” e “latini”, ovvero la “colpa” e la “vergogna”. Può spiegarcelo?
Le parole contano, sempre. Non certo a caso i tedeschi e gli olandesi hanno una sola parola (la stessa nelle due lingue) per dire debito e colpa: schuld. Noi ne abbiamo due, e queste cose non sono mai banali. La Germania e l’Olanda non sono solo, rispettivamente, Lutero e Calvino ma sono anche Lutero e Calvino; i tedeschi, per così dire, sono prima tedeschi poi protestanti e cattolici, e così gli olandesi (basta entrare in una chiesa cattolica di quei paesi per capirlo). Lutero e Calvino sono nati e cresciuti in quei paesi perchéé c’era già una cultura fertile. La cultura della colpa è in genere distinta dalla cultura della vergogna (R. Benedict, ne La spada e il crisantemo, ha approfondito questa distinzione). I paesi asiatici sono essenzialmente culture della vergogna, dove un comportamento è condannato se visto – e quindi se nessuno ci vede è come se quell’errore/reato non ci fosse (l’ideogramma cinese per dire ‘peccato’ è un uomo catturato da una rete). Anche i paesi mediterranei sono essenzialmente culture della vergogna. La Bibbia, e in un certo senso anche il mondo greco (si pensi ad Edipo), hanno sviluppato una cultura della colpa, che nel cristianesimo ha continuato il suo cammino soprattutto nel mondo nordico-protestante (un ruolo importante l’ha avuto il monachesimo, soprattutto quello britannico e irlandese), nato grazie ad un forte ruolo di Agostino (Lutero era un monaco agostiniano).
Torniamo a Nietzsche c’è questo legame tra colpa e debito, ne consegue che non solo l’individuo, secondo una interpretazione ultra-rigorista, è colpevole ma lo è anche lo Stato. Se così stanno le cose, visto come è stato gestito e creato il nostro debito, tutti i torti non c’è l’hanno. Non è così professore?
Soprattutto lo Stato è colpevole, più dell ’individuo. Il debito privato (si pensi all’altro grande paese calvinista: gli USA) è molto più tollerato.
Eppure, anche il debito ha una sua legittimità morale, ovviamente con dei limiti. È così?
Certamente il debito non è sempre colpa. Lo sanno bene gli imprenditori, che senza credito (da credere) morirebbero nelle crisi. Discorso diverso è il tema degli interessi sul debito e della finanza speculativa, ma questo è un altro discorso.
Come abbiamo detto all’inizio l’Europa è investita da una pandemia devastante. Una pandemia che rischia di far soccombere il sogno europeo. Insomma, anche per i rigoristi Nord è giunto il momento della responsabilità. Ovvero di lasciare alle loro spalle le parole che condizionano il loro agire. In che misura riusciranno a farlo?
Qui si sta giocando molto della possibilità dell’Europa di non essere solo un contratto commerciale ma anche un ‘patto’, come lo volevano i suoi fondatori. Anche perchéé l’Europa nasce dai pellegrinaggi, dal monachesimo e dai santi, faccende molto più ricche dei soli mercanti, che pur hanno fatto l’Europa. Un Europa senza ’spirito’ non ha né presente né futuro
Ma il tempo della responsabilità è arrivato anche per i “Latini”. Ovvero non dovranno cedere al populismo. Vede, nella tragedia che stiamo vivendo, questo rischio?
Certo, il rischio è grande. La propaganda sarà forte, ma sarà ancora più forte se l’Europa del Nord non darà segnali di solidarietà. Chi oggi ama l’Europa deve capire questo.
Ultima domanda: Quale sarà la parola chiave per ricostruire, dopo la pandemia, l’Europa?
Fraternità. L’Europa moderna nasce attorno ai tre principi delle rivoluzioni: libertà, uguaglianza e fraternità. Le crisi sono il tempo nel quale si riscopre la fraternità, e si capisce che la libertà e l’uguaglianza non bastano. Ma come ci dice il mito di Caino, la fraternità confina sempre col fratricidio. A noi la scelta.