Mobilitare tutta la “flotta delle zanzare” nella battaglia contro il virus. Intervista a Luigi Bobba

Prima giornata di lavoro per i Volontari di Protezione Civile e Croce Rossa

Come rafforzare il volontariato nella battaglia contro il virus? Quale sarà il ruolo del Terzo Settore nella ricostruzione? Ne parliamo, in questa intervista, con Luigi Bobba già Presidente delle Acli ed ex sottosegretario al Welfare.

 

Il Presidente Luigi Bobba

Presidente Bobba, lei ha usato una metafora, per far comprendere il ruolo del volontariato in questa “strana guerra”, quella della “piccola flotta delle zanzare. Una metafora che colpisce, può spiegarcela ?

 

La metafora non è mia. L’ho  presa in prestito da un grande della storia,il primo ministro inglese Winston Churchill.Siamo alla fine del maggio del 1940. A Dunkerque ,nel nord ovest della Francia,le truppe corazzate tedesche avanzano inesorabilmente e chiudono in una sacca senza via di uscita le divisioni britanniche e francesi.L’unica via di scampo è il mare. Churchill mobilita il meglio della Marina reale britannica, ma lancia anche un drammatico appello alla nazione perche tutti i civili dotati di un’imbarcazione (mercantili,barche da pesca o da turismo,ecc) si mettano in mare e raggiungano il porto di Dover. Migliaia di inglesi raccolgono l’appello e si portano verso le spiagge di Dunkerque. Il rischio che le truppe anglo – francesi vengano completamente decimate è altissimo, anche perche’ i cacciatorpedinieri della Marina militare inglese non riescono ad attraccare al porto di Dunkerque, ormai distrutto dai bombardamenti dell’aviazione tedesca. Cosi’, per portare in salvo i soldati, approfittando dell’oscurita’ della notte, la miriade di imbarcazioni civili, piu’ agili e veloci, si avvicinano alle spiagge di Dunkerque, caricano i soldati ormai allo stremo e  li trasferiscono sulle grandi imbarcazioni della Marina Reale. Churchill, ad operazione conclusa, lodo’ l’opera dei suoi ammiragli, ma ringrazio ‘ in particolare la “flotta-zanzara”, senza la quale il numero delle vittime sarebbe stato enormemente piu’ elevato. Cosi’ in questa nostra “strana guerra”, mi e’ venuto in mente questa metafora che avevo già utilizzato piu’ di 25 anni fa, quando cominciai ad occuparmi di Terzo settore. Fuor di metafora: per salvare tante vite e curare le ferite di molti, sono fondamentali le istituzioni dello stato (la sanita’,la protezione civile, l’esercito) ma non bastano. Serve anche la “flotta delle zanzare” , servono la miriade di associazioni e organizzazioni di volontariato presenti nelle nostre comunita’, perche’ piu’ vicine alle persone da salvare e piu’ veloci nell’arrivare in tempo per evitare troppe sofferenze e troppo dolore.

 

Sappiamo che la prima linea in questa battaglia è formata dai medici e infermieri. Non solo loro ma anche la grande rete del volontariato e delle Ong è presente. Può darci qualche numero orientativo per farci capire la grande mobilitazione in atto?

 

Innanzitutto, dopo la prima linea degli operatori sanitari, c’è una seconda linea, appunto, fatta dalle reti delle associazioni di volontariato (Anpas, Misericordie, Croce rossa,ecc) che svolgono un’opera quotidiana di supporto e sostegno  nel primo soccorso  e nel trasporto degli ammalati . Sono decine di migliaia di volontari e di operatori che non si risparmiano e sono anche loro esposti al rischio di contagio del Coronavirus. Poi c’e’ un mondo,rimasto in buona parte invisibile, che opera nelle retrovie. Parlo dei tantissimi che sono vicini e accanto alle persone piu’ fragili: gli anziani, i bambini, le persone con disabilita’, i senzatetto,i migranti. La loro presenza in termini di servizio e assitenza e’ fondamentale per proteggere queste persone che ,proprio perche’ piu’ fragili,sono maggiormente esposte. Ancora, penso  ai tanti che, con le forme piu’ fantasiose, stanno intervenendo per soddisfare i bisogni alimentari: chi fa volontariato nelle mense della Caritas, chi consegna cibo a domicilio, chi, come la Fondazione Foqus nei Quartieri spagnoli di Napoli, organizza la “spesa sospesa” e assiste centinaia di famiglie. E ancora, pensiamo alle Ong abituate ad operare nella situazioni di guerra e nei paesi del Sud del mondo. Ora sono li’ , nelle nostre comunita’ locali,  con i loro medici e i loro operatori (Emergency , Medici senza frontiere, gli Alpini) a dare una mano per curare ed evitare che il nostro sistema sanitario collassi. O, infine, chi struttura un database – come ha fatto Italia non profit  – per far incontrare le potenzialita’ donative delle aziende e delle fondazioni filantropiche con i bisogni piu’ urgenti degli Enti del Terzo settore.

 

Mentre si cerca di combattere la pandemia bisogna anche pensare al dopo. Un “dopo” che sappiamo durissimo. C”è il rischio di pesanti conflitti sociali. In questo contesto diventa fondamentale il ruolo del volontariato. Su quali punti va rafforzato il suo ruolo?

 

Certo il dopo sara’ durissimo e le ferite, non solo economiche, si potraranno nel tempo. Per questo serve “la flotta delle zanzare”. I provvedimenti finora intrapresi dal Governo hanno avuto due priorita’: la sanita’ e l’economia. Ma attenzione, se si sottovaluta la dimensione socio-relazionale, i soggetti piu’ fragili pagheranno un prezzo molto piu’ pesante e il danno si riverberera’ su tutta la comunita’ nazionale. Cosa voglio dire? Che il quasi certo aumento delle famiglie povere (più 200.000 secondo la Banca d’Italia); che la crescita della solitudine degli anziani e la  difficolta’ di proteggere adeguatamente tutti i soggetti piu’ vulnerabili saranno il vero banco di prova per quando, sperabilmente, saremo usciti dall’emergenza sanitaria. Qualcosa il Governo ha cominciato a fare con i 400 milioni destinati ai Comuni per sopperire ai bisogni alimentari delle le famiglie piu’ povere, coinvolgendo anche il Terzo settore. Ma bisogna fare molto di più. Ho proposto che il Governo proceda rapidamente all’erogazione del 5 per 1000 attribuendo non solo le somme spettanti per l’anno 2017 ma anche per il 2018. E’ inaccettabile che debbano passare due anni da quando il contribuente scrive il codice fiscale dell’ente a cui vuole destinare il suo 5 per 1000, al momento in cui tale somma viene effettivamente erogata al beneficiario, C’è un Dpcm fermo da tempo che disciplina proprio questa materia. Lo si faccia uscire subito. Cosi per giugno 2020, a circa 55.000 enti del terzo settore verrebbero attribuiti non 500 milioni, bensi’ 1 miliardo di euro. Una iniezione di liquidita’ fondamentale nel breve periodo. Secondo: ci sono circa 80.000 giovani che negli ultimi due anni si sono visti respingere la domanda di fare Servizio civile, un anno di volontariato realizzato con gli enti del terzo settore o con i Comuni. Si proceda con un bando straordinario per ingaggiare questi 80.000 giovani – un piccolo “esercito del bene comune” – per riparare quelle molte ferite sociali e relazionali che ci accompagneranno nel dopo emergenza. Costo:circa 400 milioni di euro. Terzo si incrementi il Fondo per la non autosufficienza: per queste soggetti i costi della crisi saranno piu’ onerosi. Occorre incrementare i servizi di sostegno e assistenza e supportare le famiglie che li hanno a carico. Infine si mobiliti l’esercito nascosto del volontariato individuale. L’Istat ci dice che, oltre ai 4,4 milioni di volontari associati, ve ne sono cira 1,5 che fanno volontariato senza essere aggregati ad una rete associativa. E allora si mutui quanto sta facendo il governo inglese creando un’apposita App scaricabile  sul proprio smartphone per far incontrare domanda ed offerta: da un lato i bisogni delle persone, dall’altra la disponibilità di tempo dei volontari. Quello che è accaduto con i due bandi della Protezione civile per reclutare medici e infermieri, ci dice che c’è un capitale di generosità e disponibilità che va portato allo scoperto e messo in opera. Il governo affidi a qualche solida rete del Terzo settore un’operazione di questa portata per rafforzare ed ampliare quanto gia’ fanno le migliaia di volontari inquadrati oggi negli enti del Terzo settore.

 

Ultima domanda: tutti gli osservatori, intellettuali, politici, economisti, dicono che il “dopo” sarà come una ricostruzione. Io penso che il dopo dovrà essere “rivoluzionario”. Nel senso della “conversione” solidale del nostro stare insieme. Lei come vede il “dopo” come un “ripristino” oppure come una “conversione”?

 

C’e’ la tentazione di pensare il dopo come se questa fase acuta dell’epidemia fosse una parentesi oppure, all’opposto, c’è chi crede che questa drammatica esperienza ci conduca automaticamente ad una palingesi del nostro modo di vivere, lavorare ed incontrarci. Sono due tentazioni da respingere. La prospettiva potrebbe invece essere individuata prendendo spunto dalle parole del monaco di Bose, Guido Dotti , che ha suggerito di uscire dalla metafora e dal linguaggio bellico (guerra, eroi ,nemico,fronte); metafora e linguaggio che io stesso ho utilizzato. Come allora vivere la transizione per il dopo? Non e’ un tempo di guerra- dice Dotti , ma il “tempo della cura”. Cura di noi stessi, dell’altro e della Terra. E’ una metafora meno potente di quella della guerra , ma forse ci aiuta a pensare con categorie nuove il tempo della “rinascita”. Ci auguriamo tutti che presto si trovino cure adeguate e vaccini per prevenire epidemie di questa portata. Ma non basta. Gli interrogativi vanno piu’ in profondita’.Questa pandemia ci ha resi consapevoli di quanto siamo interdipendenti e fragili. Di quanto le nostre vite siano intrecciate con quelle degli altri; di quanto la nostra smisurata potenza tecnologica possa essere incrinata da un invisibile virus. La sfida consisterà’ – come ha detto Papa Francesco – nel respingere la tentazione di riaffidarci unicamente alle categorie del successo e della potenza, ma provare a costruire una società solidale e fraterna. Possiamo tentare di indicare la direzione di marcia con le parole di Sandro Calvani, – una lunga esperienza in Caritas e in organismi delle Nazioni Unite – che evoca l’espressione “prosperita’ inclusiva e sostenibile”. Un ‘utopia? No, piuttosto una meta che presuppone che la “rinascita” sia inclusiva, ovvero che consenta a tutti una vita dignitosa; che sia partecipata, ovvero, che tutti possano avere una voce in capitolo; che sia sostenibile, cioe’ che lasciamo alla Terra il tempo di respirare, curando l’ambiente in cui viviamo.

E’ possibile un’economia che crei i mezzi per una vita felice ? E’ possibile una politica non dominata dalla volonta’ di potenza che si impone con la violenza e con i muri? E’ possibile una convivenza non piu asservita al principio dell’ “homo homini lupus” , ma ispirata al suo contrario di “homo homini natura amicus”,(Antonio Genovesi), ovvero che l’uomo è per natura amico dell’uomo? Sono solo domande, ma per trovare le risposte giuste servono le domande giuste. Il resto e’ tutto da compiere, tutto ancora da vivere e costruire.