“RIAPRONO LE LIBRERIE. ORA, IN SICUREZZA, DEVE RIPARTIRE L’INDUSTRIA”. INTERVISTA A GIUSEPPE SABELLA

Oggi riaprono cartolerie, librerie, negozi per neonati e bambini. Riprende anche qualche altra attività produttiva: la silvicoltura, il taglio dei boschi e qualche attività forestale. Le novità erano state annunciate dal premier Conte venerdì scorso che ha comunicato la proroga del lockdown fino al 3 maggio e la nomina di Vittorio Colao – ex amministratore delegato di Vodafone – a capo di una task force composta da giuristi, economisti, psicologi, etc, incaricata dal governo per studiare come uscire dalla crisi determinata dall’emergenza covid-19. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella, direttore di Think-industry 4.0.

Sabella, oggi l’Italia tenta di rimettersi in moto e inizia una sua graduale uscita dal lockdown con l’apertura di alcuni negozi e cartolibrerie. Una sua valutazione al riguardo?

Il Paese ha certamente bisogno, anche, di qualche segnale di speranza. Quindi, in questo senso, che riapra qualche attività e qualche negozio è certamente un fatto positivo. Resta il fatto che il tema è come riaccendere il motore della nostra economia, ovvero l’industria. A riguardo mi pare si sia fatta un po’ di confusione, e non solo per colpa del governo. Mi auguro che la task force a guida Colao sia d’aiuto: l’ex ad di Vodafone è un eccellente manager e, a differenza degli stimatissimi professori, sa che in questi casi le indicazioni lineari e cristalline sono fondamentali. Ad oggi, non abbiamo certo brillato in questo senso. Salute e sicurezza sono delle priorità. Tuttavia, ogni giorno che passa per molte imprese del nostro sistema produttivo, è un giorno che rischia di essere l’ultimo, soprattutto perché stanno perdendo quote di mercato importanti, specialmente in Germania dove i fermi alle attività produttive non sono stati pesanti così come in Italia. In tutte le economie avanzate al centro dell’agenda politica vi è la riduzione delle misure restrittive. E non dimentichiamoci che ciò che ci ha tenuto in piedi dopo la crisi del 2008 è stato il nostro export.

È una task force, come lei ricordava, composta da uomini la cui provenienza è l’accademia e non l’impresa. Giusto così?

È chiaro che qualcuno si starà chiedendo perché, in una commissione come questa, non vi era nessun rappresentante di impresa e lavoro. Mi pare però che associazioni datoriali e sindacali abbiano mancato l’occasione: in precedenza il governo ha lavorato con loro e, al di là della fatica di tenerli insieme, il risultato prodotto non è stato eclatante. Mi riferisco all’elenco dei codici ateco, cosa che ha reso discrezionale l’attività “essenziale” e ha consegnato la politica industriale alle prefetture. Questo è ciò che avviene quando si eludono i problemi. Ad ogni modo, Colao è uomo d’impresa. Confido che, coadiuvato dalla squadra di cui è a capo, sarà in grado di consegnare al governo le giuste indicazioni per la ripartenza.

Quali potrebbero essere queste indicazioni? Qualcosa di positivo già emerge dai luoghi di lavoro e dall’economia reale…

Certamente. Ormai lo smart working, ad esempio, è realtà anche nell’impresa che non ne voleva sapere. Ma è evidente che il salto di qualità è concentrarsi sulla sicurezza e, in questo senso, bisogna passare dai codice ateco ai luoghi di lavoro. Facciamo un esempio concreto: la Ferrari, che aveva fermato l’attività ancor prima di qualsiasi ordinanza, ha lanciato il progetto “back on track” (torna in pista), nato dalla collaborazione con un pool di virologi ed esperti e patrocinato dalla Regione Emilia Romagna, che ha come obiettivo la sicurezza dell’ambiente di lavoro al riavvio della attività produttiva: si mira a tenere sotto controllo medico – anche con test sierologici – non solo i lavoratori ma anche le loro famiglie e a offrire supporto psicologico alle persone. Mi sembra un’ottima risposta al problema che abbiamo. Pochi giorni dopo, in FCA si è firmato un importante accordo ispirato dal back on track con tutte le organizzazioni sindacali, compresa la Fiom. Ora, è chiaro che Ferrari e FCA sono l’eccellenza che abbiamo in casa. Resta il fatto che vi sono principi di replicabilità anche per le produzioni più piccole, considerato che il 90% delle nostre imprese hanno meno di 15 addetti: i controlli medici, il supporto psicologico e il distanziamento sociale devono essere garantiti. Questa è la parte che devono fare le istituzioni: supportare le imprese, anche finanziariamente, in questo senso. A ogni modo, credo che lo sforzo più grande vada fatto sui trasporti. Serve farsi venire qualche idea nuova, magari introducendo il “ciclo integrale” per tutti i luoghi di lavoro. Ciò diluirebbe in modo importante gli spostamenti.

Quale prospettiva prevede per la nostra economia?

Naturalmente ciò dipende, anche, da cosa succede oltralpe e, anche, al di là del mediterraneo. Cercando di non cedere a previsioni apocalittiche e augurandoci che la pandemia sarà controllata, dobbiamo in questo momento fare di tutto per sorreggere il nostro sistema economico. Questo avviene soprattutto con scelte e azioni tempestive da parte del governo. Da questo punto di vista, bisogna che in particolare si velocizzi l’iter degli ammortizzatori sociali attivati perché, dopo quasi due mesi, a impresa e lavoro ancora non è arrivato nulla. Dobbiamo riuscire a resistere a questa fase di sofferenza. Nel frattempo in tutto il mondo si sta lavorando per un vaccino. Speriamo arrivi al più presto, ciò allontanerebbe la paura e rigenererebbe sentimenti importanti anche per l’economia.

A proposito di sentimenti, lei coordina l’attività di un osservatorio (Think-industry 4.0) che si occupa di monitorare processi e cambiamenti nel mondo dell’industria. Quali sono in questo momento le paure e le speranza di imprenditori e lavoratori?

Intanto ci tengo a dire che ci occupiamo di industria ma, per noi, la parola è sinonimo di impresa e, anche, di lavoro. In latino industria significa attività, laboriosità. Le stesse relazioni industriali sono più propriamente relazioni di lavoro, non solo dell’industria in senso stretto: tant’è che riguardano anche commercio e artigianato. L’industria è il più sofisticato sistema tecnico che imprenditori e lavoratori riescono a far vivere nella loro collaborazione. Ecco perché oggi gli uni e gli altri soffrono insieme. La preoccupazione per il futuro delle proprie imprese tocca tutti. Poco più di due settimane fa, nella sua preghiera universale, papa Francesco diceva al mondo “nella tempesta, nessuno si salva da solo”. Credo che, oggi più che mai, nei luoghi di lavoro vi sia questa consapevolezza, cosa che costituisce il patrimonio e il capitale più importante su cui edificare il futuro.

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