La partecipazione e l’adesione di Andrea Olivero, attuale presidente nazionale delle Acli, alla convention organizzata sabato scorso da Luca di Montezemolo “verso la terza repubblica” ha suscitato molte discussioni nella pubblica opinione. E all’interno dell’associazione cattolica un certo malumore. Ne parliamo con Domenico Rosati. Rosati è stato Presidente Nazionale dal 1976 al 1987. Un vero protagonista nella storia dell’associazione.
Rosati, nell’opinione pubblica, c’è meraviglia per le ultime prese di posizione di Andrea Olivero. Molti si domandano che c’entrano le Acli con Montezemolo. Guardando alla lunga storia delle Acli sono sempre state sulla frontiera del centrosinistra. Come si spiega questo “deragliamento” di Olivero?
A mio avviso non c’è sufficiente meraviglia, nel senso che, al netto di quelli che non parlano e di qulli che mugunano, si considera non abnorme il confluire di una organizzazione di tradizione sociale, anche di avanguardia (le Acli ma anche la Cisl) su una piattaforma di impronta liberale se non liberista. Credo di essere stato uno dei pochi a segnalare la circostanza, ma in questo sento di non trovarmi in sintonia con i tempi. Oggi infatti certe sensibilità sociali che producevano pensiero ed anche ambizioni di guida si sono stemperate in un improprio solvente “cattolico” che annebbia l’orizzonte, annulla le differenze e apre la via a preoccupanti stati di subalternità. Ma a parte gli entusismi personali, la deriva non comincia con l’ultimo presidente delle Acli ed è connessa con la situazione di una gerarchia cattolica che non immagina di poter convivere con il pluralismo delle scelte politiche dei credenti.
Per una certa opinione pubblica cattolico fa rima con moderato. E, per un certo mondo cattolico, clerico moderato, Monti è il nuovo De Gasperi. Non trova fuorviante questo paragone?
De Gasperi non era un moderato. Fece la riforma agraria, creò l’Eni, lanciò il Piano Vanoni, impedì l’avvento dei clericali alla guida del paese mantenendo l’alleanza con i “laici”. Era un avversario dei clerico-moderati quelli che già negli anni venti avevano aperto la strada al regime fascista. Il “centro” di De Gasperi guardava verso sinistra. Dove guardi l’ipotetico “centro” di Monti è difficile dirlo. Le scelte di politica economica e sociale alimentano il dubbio. E sul piano delle alleanze incombe l’idea di farne il riferimento di tutti i moderati, una fornula che include il Pdl ed esclude il Pd. Per questo chi ha stima di Monti gli consiglia di non sporgersi troppo.
Veniamo al laicato cattolico. Dopo le gelate di Ruini si fa fatica a riprendere un protagonismo degno della grande storia del passato. Quali sono secondo lei le cause profonde di questa difficoltà?
Ne indico una sola che però le ricapitola tutte: la sterilizzazione del dibattito e della ricerca. Anche negli anni del pre-concilio, sotto il pontificato di Pio XII i cattolici discutevano sui modi più appropriati e coerenti di introdursi nelle cose del mondo. Le stesse correnti della Dc offrivano un panorama variegato di posizioni e di impulsi. Il passaggio dal centrismo al centrosinistra fu segnato da scontri memorabili sul tema della autonomia dei credenti nelle scelte politiche. Ma il protagonismo del laicato, tutto, si è affievolito dopo la fine della Dc. Si è passati in modo indolore dalla cultura della mediazione (Bachelet) alla culture della presenza (Giussani) che ha conferito alla gerarchia un ruolo politico che l’ha ridotta a a contrattare emendamenti sulle leggi, con una perdita forse irreparabile di spirito profetico. E i laici cristiani – singoli e organizzati – sono sempre in attesa di…direttive.
Come giudica i cosidetti cattolici di Todi?
Sono lo specchio della situazione dell’area cattolica. Si ritrovano nella parafrasi del magistero, ma si disarticolano, giustamente, quando si passa alle opzioni sul campo, che sono sempre opinabili. Occorrerebbe tener presente che con la seconda edizione del meeting di Todi il fronte si è rotto: solo una parte dei partecipanti si è ritrovata nella volontà di concorrere alla “nuova offerta politica” (poi Montezemolo), mentre l’altra parte mantiene il credito verso una destra auspicabilmente depurata dal berlusconismo. La gerarchia non può non tener conto di tale diversità di orientamenti, come pure del fatto che una forte aliquota di cattolici praticanti riversa ormai il suo consenso sul centrosinistra. Meglio sarebbe riconoscere che le scelte politiche sono sempre personali e che è la coscienza credente a determinarle, alla luce del magistero ma con propria responsabilità.
Tornando alle Acli. Lei è stato un grande protagonista della storia aclista. Le Acli delle tre fedeltà (Al movimento operaio, alla Chiesa e alla democrazia) erano Acli profetiche e coraggiose. Che hanno pagato prezzi molto salati. Oggi le Acli sembrano “dormienti” sulla frontiera della profezia. E’ così?
Il mio servizio nelle Acli è finito da cinque lustri e non mi piace essere…commemorato.Nella formulazione origniaria, del 1955, si parlava non di tre fedeltà affancate, ma di un’unica “triplice fedeltà”, come dire una sintesi indissolubile di adesione alla chiesa, alla democrazia, alla classe lavoratrice. La profezia laica delle Acli si è sempre esercitata sulle scelte di giustizia a scala mondiale e nazionale, sia quando si propugnava un “nuovo ordine sociale cristiano” sia quando si evocava “un’alternativa al capitalismo in nome dell’uomo”. Ho già detto del ristagno generale dell’area cattolica sul piano della ricerca e dell’elaborazione propositiva. Aggiungo la debolezza del sindacato derivante dalla perdita del controllo sulla forza lavoro in regime di scarsa occupazione. Ma proprio la cognizione di un simile stato di cose potrebbe offrire materia e spazio per un provvidenziale risveglio.
Ultima domanda: cattolici e centrosinistra. Quale dovrebbe essere il loro ruolo nel centrosinistra?
Concorrere in modo coerente ed originale alle scelte necessarie per garantire la pace, a partire dall’iniziativa europea, promuovere il lavoro come bene umano primario non subalterno alle variabili di mercato, favorire la democrazia anche attraverso riforme che incrementino la partecipazione e il controllo popolare. Ma se questo può essere il target degli addetti ai lavori, parlamentari ed operatori politici, c’è un compito di società civile che non può esaurirsi in un travaso nei partiti e nel governo, come retoricamente si sostiene. La società civile fa politica in quanto tale se in essa matura una coscienza politica autentica, cioè una cognizione compiuta del bene comune come massimo bene umano possibile. Un governo di centrosinistra più di ogni altro avrebbe da giovarsi di un contesto in cui non solo si realizza la crescita economica ma avviene anche una crescita politica che esprime una domanda continua di riforma e impone conseguenti mediazioni istituzionali. Ma per questo non occorrono passeggiate…al centro; basta che i movimenti facciano bene il proprio mestiere.
Piacere di leggere il mio presidente.Ad Oliverio avrei consigliato “la minima delle massime ammesse,marciando però, come il treno,sempre sul binario legale di Sinistra. PS:caro mio presidente Rosati, ho 90 anni ho osato scrivere anche un…libro”liberazione della memoria”. Desiro farvelo avere per un giudizio conoscendo il vs recapito più convenevole.Cari abbracci da salvatore manes.
Sono d’accordo. Sono stato iscritto a fasi alterne ma ricordo ancora il bar delle Acli al mio paese negli anni 50 e la Rerum Novarum da commentare …..adesso andiamo con Mentezemolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!Oggi sono ancora iscritto ma non sono d’accordo.
Per quanto riguarda Bonanni poi è evidente che ha delle mire politiche…Ma ormai non si indigna più nessuno
rovida
Al presidente delle ACLI nazionali Andrea Olivero
Al presidente delle ACLI provinciali Salvatore Arras
La presidenza del circolo ACLI ,p.Vincenzo Damarco ,di Sarzana vuol esprimere
la sua profonda amarezza per la scelta politica manifesata dal presidente nazionale
a sostegno del progetto per la creazione di un polo moderato assieme a Luca di Montezemolo.
Nell’anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo ,che ha espresso con forza la legittimita’ delle molteplici scelte politiche dei credenti ,risulta piu’ stridente la presa di posizione di Olivero che coinvolge come un corpo unico le ACLI nazionali .
E’ difficile capire come un ‘associazione che ha sempre cercato di stare a fianco degli ultimi possa
ritrovarsi con espressioni del liberismo piu’ marcato .
Inoltre quello che ci da’ dispiacere è la mancanza di correttezza nei confronti dell’associazione tutta ,in quanto,senza alcuna discussione, la decisione presidenziale ci è piovuta addosso incurante del rispetto delle regole democratiche che hanno governato sino ad oggi la vita delle ACLI .
Per questo riteniamo opportune le dimissioni di Olivero dalla carica di presidente nazionale per evitare il sospetto di un uso personalistico del movimento aclista e per garantire all’interno dell’associazione un autentico pluralismo.
La presidenza del circolo
Ho l’impressione che la Cgil sia stata lasciata troppo sola a contrastare il neoliberismo. Se e’ cosi’, a quando una discussione vera tra cattolici sul futuro? E non e’ questo (distinguendo tra ricerca e gestione del potere, o sopravvivenza delle organizzazioni, penso alla Cisl) il contributo migliore ad una nuova unita’ tra le forze che rappresentano il lavoro? La Cgil avra’ anche fatto errori, ma la si e’ lasciata sola. Con profonda stima. Lucio Saltini.