Huawei Mate 10 Pro è il primo dotato di una AI avanzata (Intelligenza Artificiale), così come il prossimo iPhone X.
A cosa serve e come migliorerà le nostre vite?
Ci parleremo, dialogheremo con loro, forse ci faranno provare emozioni, magari piangeremo con un display davanti. Ma davanti ci sarà sempre e solo uno smartphone. La promessa della tecnologia è quella di rendere la mobilità dei dispositivi personali più umana, sicuramente più intelligente di quanto lo sia oggi, a tratti comprensiva.
Del tipo? Se oggi ci divertiamo a far recitare una barzelletta a Siri o a telefonare un contatto con Google tramite i soli comandi vocali, domani le cose si faranno decisamente più serie, con telefonini capaci di scendere più a fondo nelle nostre vite, per renderle più semplici in quei momenti che più ci recano stress. Ad esempio la sveglia potrà cambiare in autonomia a seconda delle condizioni del traffico o del meteo, la posta elettronica sarà in grado di rispondere da sola a certe richieste (“sei libero domani alle 13 per pranzo?”) e il risparmio energetico si attiverà da solo, quando si ha meno del 15% di batteria.
Non si tratta di rivoluzioni ma di contesti già in essere, a tratti concreti e realizzati e il cui sviluppo è solo questione di tempo. Di recente Huawei ha presentato il suo Mate 10 Pro, smartphone dotato di un processore classico al quale si affianca una Neural Processing Unit, ovvero un’area sotto il completo controllo di un cervello fatto di bulloni e silicio, tale Intelligenza Artificiale. Ad oggi il solo e unico scopo è quello di riconoscere cosa l’utente si trova dinanzi al sensore fotografico per impostare al meglio luci e colore e ottenere così uno scatto di qualità, il migliore possibile secondo certe condizioni. Di tutto questo parliamo con Antonino Caffo, giornalista di Panorama.it , esperto di hi-tech e nuove tecnologie.
Si tratta di un passo in avanti pragmatico verso una nuova era della telefonia mobile o solo di una trovata pubblicitaria?
“Di certo il Mate 10 apre a sviluppi interessanti circa le modalità di interazione tra l’uomo e la macchina. Oggi non possiamo parlare di rivoluzione, non ancora almeno, ma il concetto di AI poggia proprio su uno sviluppo quasi autonomo degli algoritmi che governano un cervello informatico, seppur in presenza di un input da parte dell’uomo”.
In che senso?
“Piattaforme digitali non possono auto-definirsi o auto-svilupparsi, cioè non vi è modo per cui un programma, pur avanzato che sia, passi dall’essere solo un software di calcolo matematico a gestire una centrale idroelettrica. Esiste il machine learning, ovvero l’opportunità che una rete neurale in silicio impari a perfezionarsi in un certo campo applicativo ma sempre all’interno di recinti posti dai ricercatori e dagli sviluppatori. In tal senso, sarà interessante capire come il Kirin 970 potrà automatizzare alcune operazioni oggi di carattere manuale sugli smartphone, come appunto l’attivazione del risparmio energetico o la creazione di un appuntamento in agenda, supportando le attività umane”.
Anche Apple si sta muovendo in tale direzione?
“Si è esatto, tramite la realizzazione di A11 Bionic, il processore a bordo di iPhone 8 che acquisterà un senso maggiore su iPhone X, in uscita tra qualche settimana. Anche in quel caso il focus è incentrato sulla fotografia ma gli orizzonti di applicazione sono diversi e attualmente inesplorati”.
Il mercato degli smartphone, stando a quanto affermano gli analisti, conoscerà una crescita nel 2018. Pare che il protagonista del boom sarà proprio iPhone X: siamo dinanzi a uno scontro ulteriore verso il miglior dotato di Intelligenze Artificiale?
“Di certo tutti i top di gamma da qui al 2020 beneficeranno di un processore dedicato all’AI. Il trend è quello e difficilmente chi vorrà concorrere ai vertici potrà negarlo. Apple e Huawei hanno seguito una strada simile mentre altri, come Samsung, sembrano essersi concentrate prima sullo sviluppo di un assistente digitale dedicato e poi sul miglioramento di questo tramite un aggiornamento hardware. Sul Galaxy S8 e Note8, ad esempio, c’è la voce di Bixby che, seppur in inglese, può già compiere delle operazioni anni luce avanti a quelle di un Siri o un Cortana. Il solo attivare o spegnere il Bluetooth o il Wi-Fi oggi si può fare con la voce sui terminali di alta fascia di Samsung, mentre i rivali nemmeno consentono opzioni del genere, molto basilari. Il motivo è che, non basandosi su sistemi centrali, gli assistenti odierni non hanno accesso alle parti più profonde del sistema operativo e dunque si fermano su un certo limite. Già Bixby è oltre e, con tutta probabilità, il Siri di iPhone X e l’AI di Mate 10 Pro seguiranno un medesimo percorso verso l’integrazione delle funzioni”.
Parliamo di futuro: domani avremo uno smartphone dotato di AI indossabile?
“Più che altro aspettiamoci di avere dispositivi indossabili dotati di una AI avanzata. Il mercato degli smartwatch non è mai esploso se non in riferimento a gadget dedicati a certi utilizzi specifici, come l’attività fisica e il fitness. In questo campo potrebbero arrivare belle sorprese, come coach virtuali personalizzati che leggono le performance delle persone per adattare, in tempo reale, tipi di allenamenti e sessioni. Un conto poi à innovare, un altro riconoscere l’utilità di certi oggetti. Abbiamo davvero necessità di una tale digitalizzazione nelle nostre vite? Forse no, ma la tecnologia spesso ha dimostrato di poter creare bisogni che prima non sapevamo di avere”.