Affarismo Trasversale. Intervista a Ferruccio Sansa

Le cronache di questi giorni ci consegnano ennesimi scandali politici. Vedi la vicenda della Lega. Due bravi giornalisti d’inchiesta, Claudio Gatti (Il Sole 24 Ore) e Ferruccio Sansa (Il Fatto Quotidiano), hanno pubblicato, per la casa editrice Chiarelettere, un libro che indaga sul “sottobosco”. Ovvero il “mondo” dell’affarismo trasversale. Ne parliamo, in questa intervista, con Ferruccio Sansa.

Sansa nel vostro libro scoperchiate un mondo nascosto, il “sottobosco” appunto, dove la politica e gli affari si intrecciano in maniera strutturale. Tanto che in nome del business si “superano” le rispettive appartenenze politiche (“dalemiani” e “berlusconiani” ed anche “centristi”). Insomma gli interessi affaristici hanno il sopravvento. Qual è la “logica” profonda che “anima” il sottobosco?
La logica profonda è che, in apparenza, centrosinistra e centrodestra si sono molto aspramente criticati, magari con toni durissimi, anche rispetto a quello che succede in altri paesi. Poi, dati alla mano, si scopre che questa differenza di tipo ideologico non c’è assolutamente, perché poi quello che conta di più è che invece sulle questioni di affari e denaro c’è una totale corrispondenza e l’elemento ideale – ammesso che ci sia – passa in secondo piano. L’elemento pratico, praticissimo è invece in primo piano. Ed è quello che noi abbiamo scoperto facendo questo lavoro.

Continua a leggere

La salvezza e la speranza umane. Un pensiero di Aldo Moro.

Offriamo ai nostri lettori questo pensiero di Aldo Moro. Un pensiero, nei giorni desolati della politica contemporanea, che riscatta la dignità dell’ impegno politico. E’ un pensiero, certamente, “credente” quello di Moro. Nella sua profondità svela il nesso intrinseco tra la politica e la liberazione umana. Una liberazione sempre parziale. Ma senza questo legame la politica muore. Continua a leggere

L’Etica della complessità del Cardinale Carlo Maria Martini

Nella liturgia ambrosiana c’è scritto: “Signore dona sempre al tuo popolo pastori che inquietino la falsa pace delle coscienze”.
Ebbene in questa frase c’è tutta la testimonianza cristiana del Cardinale Carlo Maria Martini. Per 25 anni arcivescovo di Milano, tra le figure più significative della Chiesa cattolica contemporanea (altri Vescovi ambrosiani, come Montini, sono stati all’apice della cattolicità), ora si trova a Gallarate, dopo un periodo passato a Gerusalemme, nel centro “Aloisianum” dei gesuiti.
Qui è tenuto in cura. Il parkinson, infatti, è una malattia inesorabile, colpisce anche la parola (in questo c’è un destino comune con Papa Wojtila), ma riesce ancora, sia pure lentamente, a parlare. E questo rende prezioso i dialoghi con i suoi interlocutori.
Ora la casa editrice Einaudi ha pubblicato un agile libretto, Credere e conoscere è il titolo, che raccoglie i dialoghi con il senatore Ignazio Marino, medico di fama internazionale e senatore del PD (pagg. 84, € 10,00). Continua a leggere

Le radici di “Occupy Wall Street”

Poche settimane fa “Occupy Wall Street” ha “festeggiato” i suoi sei mesi di vita. Il movimento nato a New York con l’occupazione di Zuccoti Park.

Loro sono la continuazione americana di quel grande movimento globale degli indignados che, nel 2011, ha portato sulla scena planetaria la contestazione dei giovani, e non solo, nei confronti delle grandi ingiustizie economiche e politiche.

Il 2011 è stato l’anno della grande recessione. Così come all’inizio del secolo scorso, il ’29, Wall Street è stato l’epicentro della crisi. Ed è proprio nel cuore dell’impero della speculazione mondiale che nasce il movimento di contestazione al “grande freddo” della crisi. Riccardo Staglianò, un bravo giornalista di Repubblica, con questo reportage, frutto di una settimana vissuta all’interno del movimento, ci porta a rivivere le azioni, veri e propri blitz, i valori di Occupy Wall Street. Pubblicato dalla casa editrice Chiarelettere sono 150 intense pagine che si leggono di un fiato.
Continua a leggere

La crisi e “l’uomo di superficie”. Intervista a Vittorino Andreoli

Spesso nelle analisi sulla crisi che sta vivendo il nostro Paese non sempre si ha la consapevolezza della sua “radicalità”. Una crisi che non è solo economica ma tocca le profondità della nostra società. Ne parliamo con Vittorino Andreoli, grande psichiatra, che nel suo ultimo libro, daltitolo provocatorio, “L’Uomo di superficie” (ed. Rizzoli) analizza la condizione dell’uomo contemporaneo.

Professore, c’è un pensiero nelle pagine iniziali del suo ultimo libro (“L’uomo di superficie”)
che dà il senso a tutto al suo volume. La frase è questa: “L’uomo di superficie galleggia sulla
società liquida spinto da un desiderio morto”. E’ una frase che non lascia scampo…

La frase che riporto è proprio una sintesi apocalittica. Le devo dire che io avverto che c’è un reale pericolo,
che si possano proprio dimenticare, perdere i principi che hanno dominato nella nostra società e che ci sia
effettivamente il rischio che l’uomo che dominerà sia l’uomo di superficie, che è proprio messo insieme a
quell’espressione “società liquida” che è una delle frasi di Bauman che è diventata un’icona sociale. Io sono
un “pessimista attivo”, cioè sono uno che vede la realtà rabbuiata, ma tuttavia non sta lì ad aspettare, mi dò
da fare, e in questo mio libro cerco di dire che è possibile riconquistare la dimensione del significato della
persona, e quindi ritrovare una profondità e non perdersi sulla grande superficie della cute su cui abbia legato
la bellezza. Però la fine di una civiltà , cioè un modo di pensare, di un modo di comportarsi, del rispetto
dell’altro sia proprio vicino d una forma di oscurantismo, di possibilità di perdersi. Quindi descrivo anche
con toni neri ma nella speranza che ci possa essere un giro di boia, altrimenti questo libro termina con una
specie di letteraria apocalisse. Il termine uomo di superficie vorrebbe descrivere una tipologia di uomo
analogamente ad altre, Marcuse ha parlato di “uomo ad una dimensione”, Bauman di “società liquida”.
L’uomo di superficie è una tipologia, un homo che c’è adesso e non c’era prima. Ecco perché la differenza
tra “uomo di superficie” e “uomo superficiale” è enorme. Quando dico che l’uomo è superficiale penso che
egli potrebbe essere profondo, quando dico ad un uomo “il tuo discorso è superficiale” è come invitarlo a
fare delle considerazioni molto più critiche, più profonde. Quindi l’uomo, il superficiale è uno che può
diventare profondo. L’uomo di superficie no, perché tutto è stato collocato ormai sulla sua cute, perché è lì
che ha attaccato tutto ciò a cui dà valore. L’elemento primo a cui dà valore è la bellezza, la forma della cute,
le cose che sono cutanee. L’uomo di superficie è l’uomo che sa scivolare sulla cute. Ci tenevo subito a dirle:
ma perché io ho avvertito, vedo questa fisionomia dell’uomo di superficie? Perché comincio a conoscere le
malattie da bellezza, quella che è bella, ma teme di perdere le caratteristiche del seno, le labbra che si
spengono. Quindi quello che non è bello/a cerca di raggiungere la bellezza attraverso il trucco, la chirurgia.
Allora l’uomo di superficie non ha più niente dentro, per scherzare, dico che non hanno più neppure gli
organi interni, perché se si chiede ad un giovane cos’è al milza, non lo sanno, al più sanno qualcosa del
fegato, perché è responsabile del colesterolo che va sulla cute, sanno qualcosa dell’intestino perché non
devono mangiare. Non c’è più la mente, questa è solo qualcosa che serve a misurare la bellezza. Ecco
perché, vedendo qual è il ruolo che la bellezza legata alla cute ha nelle persone di oggi- non solo i giovani o
le donne, stiamo attenti, ma anche i vecchi, che sono malati di giovanilismo, che vogliono nascondere i loro
limiti, prendono il viagra- questo è l’uomo di superficie, non ha più valore, l’unico valore è la bellezza, che è
anche ricchezza, potere. Naturalmente non ce l’ho con la bellezza, non voglio demonizzarla, non si può
dire “che bella cute hai”, ma bisogna dire “che bella persona sei!” e la persona è fatta anche di corpo, ma è
fatta di mente, di anima, per chi crede.

Continua a leggere