La politica italiana vive ormai da mesi sulla frontiera di una conflittualità permanente. Tutto è centrato sui problemi giudiziari di Silvio Berlusconi. Come è dimostrato dall’approvazione della “legge sul processo breve” e le occasioni di conflitto continueranno ancora nei prossimi mesi. Così assistiamo ad un esodo della politica dai problemi dell’Italia. Come ci guardano all’estero? Come è giudicata la politica italiana in Europa? Ne abbiamo parlato con il professor Marc Lazar, docente di Storia nella prestigiosa facoltà di SciencesPo. (Scienze Politiche) a Parigi e ”visiting professor” alla Luiss di Roma. Continua a leggere
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“Per la dignità dell’Italia”. Intervista a Rosy Bindi
Sulla Stampa internazionale, in questo periodo, si è molto discusso sulla situazione italiana. A volte con toni molto critici. Ne parliamo con Rosy Bindi, Presidente del PD, alla luce degli ultimi drammatici avvenimenti libici.
Presidente Bindi quello che sta avvenendo in Libia è drammatico. Il governo italiano esce male, sul piano della credibilità internazionale, cosa fare per recuperare, agli occhi della popolazione libica, un minimo di dignità?
Penso che il nostro governo debba respingere e denunciare l’uso della violenza, accompagnare la democrazia e attivare tutte le sedi internazionali a partire da quella europea, perché l’Europa deve capire che la politica mediterranea è politica europea. E così come siamo stati uniti nell’allargamento ai Paesi dell’Est, adesso dobbiamo porre al centro della politica europea la politica del Mediterraneo.
Secondo lei questi avvenimenti che coinvolgono il mondo arabo possono essere interpretati come il 1989 per l’ Europa?
Indubbiamente di fronte a noi c’è la possibilità di una vera e propria democratizzazione di questi Paesi, come c’è il rischio di una loro involuzione verso forme integraliste o verso altre forme dittatoriali o comunque verso periodi di lunga incertezza, instabilità, conflitto. Tutto il mondo avrà dei vantaggi se la ribellione di quei popoli diventerà allargamento della democrazia e quindi del benessere di quelle popolazioni.
Protagonisti delle rivolte sono stati i giovani di quei Paesi, questo è un fatto positivo…
Assolutamente, la cosa grave è che abbiamo assistito all’uso della forza, allo spargimento del sangue. E’ chiaro che va interpretata dei giovani e delle donne come una straordinaria possibilità di allargamento della democrazia nel mondo.
Mentre a pochi chilometri da noi succedono avvenimenti di portata storica, l’Italia è avvolta in un immobilismo politico e sociale. Eppure motivi per “indignarsi” ce ne sarebbero, dalla situazione economica alla condizione femminile. E’ pessimismo questo oppure vede che qualcosa si sta muovendo?
Io credo che partendo dalle manifestazioni delle donne e dei movimenti, è chiaro che l’indignazione sta crescendo e si sta organizzando. Questi movimenti di donne, di giovani, di cittadini per il bene di questo Paese non si fermeranno e io credo che non solo otterremo le dimissioni di Berlusconi, ma riusciremo anche ad aprire una nuova pagina nella vita del nostro Paese.
Parliamo del PD. Anche domenica scorsa Angelo Panebianco, in un editoriale sul Corriere della Sera, ha affermato che il PD ha una debole identità riformista. Insomma non riuscite ad essere convincenti. Come risponde?
Credo che noi dobbiamo fare uno sforzo maggiore per fare conoscere e comunicare le nostre proposte alle quali abbiamo lavorato con la nostra Assemblea Nazionale. A fine Marzo presenteremo il nostro progetto per l’Italia e credo che metteremo a tacere anche queste critiche un pò troppo facili che si consumano nei nostri confronti, Io ho sempre il dubbio che chi dice che noi non siamo una alternativa, quasi quasi preferisce tenersi Berlusconi, invece sarebbe arrivato il momento di una reazione da parte di tutti, anche degli editorialisti italiani.
Tra poco riprenderà la discussione sul “Testamento biologico”. Anche questo è un banco di prova delicato per il PD. Riuscirete a trovare una posizione comune?
Alla Camera dei Deputati l’abbiamo già trovata perché abbiamo sottoscritto tutti gli emendamenti al testo che è arrivato dal Senato, improntati al rispetto della volontà della persona e all’applicazione della sua volontà in una alleanza terapeutica tra famiglia e medico. Credo che da questo punto di vista, stando nella commissione dei diritti che ho l’onore di presiedere, riusciremo a trovare una unità del partito, non pretendendo che una parte vinca sull’altra ma cercando insieme una sintesi, e soprattutto non usando questi temi per affermare una identità politica all’interno del PD.
Cattolici e PD. A leggere le cronache politiche sembrerebbe che una parte degli ex-popolari (l’area di Fioroni) viva con disagio questa esperienza. Sono solo esagerazioni giornalistiche?
Siamo in molti dentro al PD, stiamo lavorando con il metodo democratico che è quello della laicità. Il partito non è di una cultura dominante rispetto ad un’altra. Il partito è di tutti e dentro il PD deve esserci il rispetto del pluralismo, delle visioni, delle idee e la capacità di fare sintesi. Io penso che se i cattolici tutti si adopereranno, come io spero, per un progetto più forte, più plurale, più inclusivo del PD riusciremo a superare le difficoltà e a portare a testa alta il nostro essere nel PD e il nostro lavorare per il futuro dell’Italia.
Chiesa e Berlusconismo. Giudica all’altezza della situazione, grave, la reazione della gerarchia cattolica agli ultimi avvenimenti che riguardano il Premier?
La gerarchia cattolica è stata chiara nelle parole di condanna ai comportamenti di Silvio Berlusconi. Parole chiare che sono state, io credo, indotte da una reazione molto forte che c’è stata nella coscienza dei cattolici italiani. Sta cambiando davvero qualcosa di molto importante, e noi dobbiamo far sì, come PD, di stabilire con il mondo cattolico un rapporto sempre più forte, perché non solo bisogna mettere fine alla stagione del berlusconismo ma bisogna ricostruire un Paese capace di riconoscersi sui valori della Costituzione.
Come sarà il Centrosinistra del futuro? E quale sarà la sua parola chiave?
In questo momento direi dignità. Dignità della persona, dignità della donna, dignità della democrazia, dignità dell’Italia.
Ha rinunciato alla candidatura a Premier?
Uno non può rinunciare a una proposta che non c’è. Penso che l’unica proposta che può essere presa in considerazione è quella del partito, della coalizione. Mentre ringrazio tutti coloro che mi hanno proposto, che hanno espresso gradimento nei siti, nelle lettere, nelle sedi politiche, io credo che scelte importanti come queste si debbano fare non provocatoriamente, non strumentalmente ma tutti insieme. Io, come tutti sanno, sono convinta della buona regola del nostro Statuto, il Segretario candidato Premier, così come sono convinta del valore di Pierluigi Bersani non solo come Segretario del Partito, ma anche come candidato Premier. Credo anche che si debba costruire una alleanza più grande e insieme scegliere la persona più adatta. Penso, però, che sia arrivato il momento che anche da noi incomincia a cadere il tabù di una donna candidata alle massime cariche dello Stato e penso che, da questo punto di vista, il PD debba trovarsi pronto.
La cattolica democratica Rosy Bindi come vivrà il 150° dell’Unità d’Italia?
Lo vivrò con grande entusiasmo e passione, sapendo che in questo momento il movimento delle donne, i cattolici democratici e i democratici d’Italia sono uno degli elementi unificanti più importanti del nostro Paese. E se posso dire, mi piacerebbe molto che a tutte le finestre delle case italiane ci fosse un tricolore.
Siamo al finale del “Caimano”? Intervista ad Enrico Letta
politica italiana vive momenti di altissima tensione. Facciamo il “punto” della situazione con Enrico Letta, Vice segretario nazionale del PD.
Onorevole Letta, stiamo assistendo ad uno scontro istituzionale senza precedenti. Per molti osservatori siamo al finale del film “Il Caimano” di Nanni Moretti. È così?
R. Quando vidi il film pensai che fosse esagerato. Mi scuso con Moretti, perché la realtà supera la fantasia. Continua a leggere
“E’ ora di cambiare strada”. Intervista a Walter Veltroni
In un clima sempre più pesante, sotto molti punti di vista, il Paese s’interroga sulle sue prospettive. Ne parliamo con l’ On. Walter Veltroni. Continua a leggere
“Indignez-vous!”. Un vecchio partigiano indignato scuote la Francia.
Indegnez-vous!
Questo è il titolo di un libretto, uscito per i tipi dell’Indigene édition (€ 3, pagg. 32), che è diventato, in quattro mesi, un vero e proprio caso editoriale e politico. Ad oggi ne sono state vendute più di 650mila copie (si veda la classifica sul sito www.datalib.fr).
Un bestseller, e presto sarà tradotto anche in Italia.
Scritto da un grande di Francia, Stéphane Hessel, a 94 anni, questo resistente e diplomatico francese di origine ebraica tedesca, è riuscito a scuotere le coscienze dei francesi. Si sa che la Francia è terra di grandi passioni civili, di radicalità civiche che emergono sempre nei momenti di grande svolta. Ebbene questo libretto, come scrive l’autorevole recensore di Le Monde Thomas Wieder, “non è certo un programma di governo. Ma è un serio avvertimento al governo”.
Ed è, anche, un monito alla sinistra francese affinché sappia suscitare una speranza, una proposta alternativa , a sedici mesi dalle elezioni presidenziali, al sarkozismo imperante. E l’appello è stato accolto dal numero 2 dei socialisti francesi, Harlem Desir, che in una intervista al quotidiano Liberation definisce il libretto, appunto, come “le contrechamp du sarkozysme”.
Il suo grido d’indignazione muove dai valori profondi della “France combattante”, la Resistenza francese, ovvero da quel programma del 1944 che desiderava una autentica “democrazia economica e sociale” nella piena realizzazione dei diritti universali dell’uomo (a questo riguardo occorre ricordare l’importanza di Stephane Hessel come co-redattore del testo della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 1948).
A questo “ancien normalien”, ha frequentato l’Ecole Normale a Parigi ed è stato allievo di due grandi filosofi francesi Sartre e Merleau-Ponty, i motivi per indignarsi sono tanti: “Le ragioni per indignarsi possono sembrare meno evidenti, il mondo è diventato più complesso (…) ma in questo mondo ci sono cose insopportabili. Per accorgersene bisogna cercare, cercare bene” e l’atteggiamento peggiore, prosegue Hessel, è l’indifferenza, quel cieco individualismo che ci fa chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie grandi e sottili. Così per Hessel il trattamento ostile nei confronti degli immigrati, dei rom, degli extracomunitari deve spingere all’indignazione. Per questo Hessel dice ai giovani “prenez le relais,indignez-vous!”, “prendete il testimone e indignatevi!” .
Il testimone è quello dei valori della Resistenza. “Auguro a tutti voi di trovare il vostro motivo per indignarvi. E’ prezioso. Quando qualcosa è fonte di indignazione, come è successo a me con il nazismo, allora si diventa militanti, forti e impegnati”!
Ed ecco per Hessel che la frontiera del cambiamento passa attraverso una “insurrezione pacifica”, importante è la via della non-violenza, attraverso cui cambiare il sistema economico, che metta fine al conflitto israelo-palestinese (Hessel ha polemizzato fortemente con il governo israeliano sulle vicende di Gaza), e che metta un freno al declino della nostra società.
Quella di Hessel quindi è una visione politica aperto alla speranza: ”Créer, c’est Resister. Resister, c’est créer”!