Ci è sembrato utile fare un bilancio di una legislatura, quella appena conclusa, che è stata molto significativa sul piano sociale e dei diritti. Un bilancio con due voci a confronto: Luigi Bobba (PD-Sottosegretario al Lavoro) e Antonio Palmieri (deputato cattolico di Forza Italia).
LUIGI BOBBA (PARTITO DEMOCRATICO)
Sottosegretario Bobba, questa legislatura sul fronte sociale è stata assai significativa. Ricordiamo la riforma del cosiddetto TERZO SETTORE. Partiamo da questo ambito. Un ambito nel quale lei è stato, per la sua competenza, molto impegnato. A che punto siamo nella messa in ordine, diciamo così, del “terzo Settore”? Quali elementi mancano?
Al momento stiamo lavorando alacremente alla predisposizione degli atti amministrativi conseguenti ai decreti attuativi della Legge Delega. Dei primi passi verso la concreta attuazione della Riforma sono già stati fatti, a dicembre abbiamo infatti firmato un protocollo d’intesa assieme ad Anci, all’Agenzia dei beni confiscati alla criminalità organizzata e all’Agenzia del Demanio che costituisce il primo tassello per l’implementazione della misura del “Social Bonus” contenuta nel Codice del Terzo Settore. In aggiunta, di recente, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha concluso la procedura di raccolta dei progetti a rilevanza nazionale per lo svolgimento di attività di interesse generale in attuazione di quanto previsto dall’ articolo 72 del Codice del Terzo Settore e sono stati finanziati 78 progetti per 34 milioni di Euro. Ancora, sono stati ripartiti tra le Regioni altri 26 milioni di Euro da destinare alle Associazioni che operano a livello locale. Si tratta di ingenti risorse che abbiamo messo a disposizione per sostenere quelle realtà associative che decidono di investire sull’innovazione sociale. In particolare, i progetti di rilevanza nazionale sono incentrati, tra l’altro: sul contrasto dello sfruttamento del lavoro nero e del fenomeno del caporalato; sullo sviluppo della cultura del volontariato tra i giovani; sull’integrazione dei migranti; sullo sviluppo e al rafforzamento delle reti associative del Terzo settore; sull’inserimento lavorativo delle fasce deboli della popolazione, nonché sulla creazione di forme di welfare di comunità. Infine, nel mese di febbraio, nascerà il Consiglio Nazionale del Terzo Settore, partirà la riforma dei Centri di Servizio del Volontariato e prenderà il via anche la nuova Fondazione Italia Sociale.
Il “Terzo Settore”, che tocca diversi ambiti, ha conosciuto, negli anni della crisi, stando all’ultima statistica dell’Istat una crescita sia per quanto riguarda il numero dei volontari e sia, nel “no profit”, di dipendenti. Questo significa che c’è stata una risposta significativa alla crisi? Si può migliorare questa risposta?
I dati dell’ultimo Censimento Istat ci confermano chiaramente come il Terzo settore in questi anni sia stato in grado di generare nuove forme di risposta a bisogni sociali che la crisi ha contribuito ad accentuare. In questo senso i dati dell’ISTAT ci parlano di una “resilienza” del non profit che, in controtendenza rispetto al trend generale, riesce ad incrementare il numero dei volontari, degli addetti e anche del volume delle entrate. L’obiettivo della Riforma è stato non solo quello di riordinare la normativa civilistica e fiscale del Terzo settore ma soprattutto di creare un quadro di opportunità e sviluppo per tutte le organizzazioni che popolano questo variegato universo. E’ necessario proseguire in questa direzione perché un Paese che ha un crescente numero di persone che si dedicano ad un impegno civico e volontario mettendosi in gioco per dei beni comuni, è un Paese che costruisce reti e legami di solidarietà più forti per creare una forte inclusione sociale.
Un altro ambito del suo impegno è stato quello del Servizio Civile. Un ambito di “frontiera” non solo per i giovani coinvolti, dove possono maturare competenze utili anche per il lavoro, ma a che sul fronte caldo della immigrazione. Lei afferma che il Servizio Civile diventa un “veicolo” per costruire l’appartenenza. In che modo?
Il Servizio civile in questi anni – dal 2013 al 2017 – ha conosciuto un vero e proprio balzo: dai 1000 giovani in servizio nel 2013, siamo passati ai più di 53000 nel 2017. Il nuovo Servizio civile – che diventa ora “universale”- permetterà a tutti i giovani che lo desiderano di poter intraprendere questa importante esperienza “volontaria” di indubbio valore formativo e civile, ma anche in grado di dare loro competenze utili a migliorare la propria occupabilità. Il decreto prevede, tra le altre cose, l’ampliamento dei settori di intervento in cui sarà possibile svolgere l’attività: dall’assistenza alla promozione ambientale e culturale, fino all’agricoltura sociale; la durata, ora variabile tra gli otto e i dodici mesi; la possibilità di partecipazione estesa anche agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese. Ulteriore importante novità è l’inserimento di una norma dedicata ai ragazzi più svantaggiati, i NEET. Questo nasce dalle rilevazioni sui partecipanti che hanno svolto il Servizio civile all’interno del programma Garanzia Giovani e che mostrano come questa misura sia stata un buon strumento di inserimento lavorativo. In questa direzione, il nuovo decreto legislativo n. 40/2017 prevede il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite durante l’espletamento del Servizio in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo. L’ampliamento del numero dei giovani che potranno fare il Servizio civile rappresenterà un importante investimento in termini di motivazioni e di valori, nella vita delle persone, sviluppando sia il senso di appartenenza al proprio Paese, che l’appassionamento a qualche buona causa.
Torniamo per un attimo al “sociale”. Sul fronte delle politiche familiari si è scelto di continuare le politiche del “bonus bebè “. Per la famiglia andrebbe fatto molto di più…Volete lasciare questo tema alla destra? Lei, con il suo partito, quale proposta ha?
Questo Governo è stato uno dei più attivi sotto il profilo delle misure a sostegno della famiglia, della genitorialità e della conciliazione vita-lavoro. Indubbiamente si può e si dovrà fare di più per creare delle condizioni che favoriscano la natalità e la genitorialità. Un primo passo in questa direzione è stato fatto anche con l’ultima legge di bilancio nella quale abbiamo confermato il “bonus bebè” per il 2018 per un importo annuo di 960 euro fino al primo anno di vita del bambino, nato o adottato nel 2018, per famiglie con ISEE familiare entro i 25mila euro annui. Al contempo, abbiamo anche aumentato le detrazioni fiscali per i figli a carico di età non superiore a ventiquattro anni: la soglia per le detrazioni Irpef passa da 2,8 mila a 4 mila euro. Il capitolo famiglia resta, dunque, assolutamente centrale nel nostro programma anche in vista della prossima legislatura. La proposta del PD sarà incentrata in misure stabili ed universali, anche di carattere fiscale, volte a sostenere e ad incoraggiare la natalità, nonché ad accompagnare le famiglie nella crescita dei propri figli.
Sul fronte del lavoro gli ultimi dati fanno segnare, sul pano occupazionale, un record con molti limiti. E i limiti sono assai pesanti: la stragrande maggioranza sono contratti a tempo determinato . E questo ridimensiona il “trionfalismo” governativo. Non parliamo poi della flessibilità lavorativa. Insomma nessuno vuole negare i dati ma c’ancora moltissimo da fare. Le chiedo quali proposte ha il PD per rendere stabile il lavoro? E’ possibile cambiare alcune cose del Job Act?
I numeri parlano chiaro: da febbraio 2014 a novembre 2017, l’occupazione è cresciuta di 1 milione e 29mila unità, la disoccupazione è scesa di 416mila unità, gli inattivi sono crollati a meno 944mila. Di questi 1 milione e 29mila occupati in più, 541mila sono permanenti, vale a dire assunti con contratto a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione giovanile è passato, nel medesimo arco temporale, dal 43,6% al 32,7%. Il Jobs Act Jobs ha il merito di aver ridotto la profonda segmentazione per tipologie contrattuali del mercato del lavoro, cancellando varie forme contrattuali precarie che interessavano soprattutto i giovani. La Riforma ha altresì reso impossibili le dimissioni in bianco, incrementato l’indennità di maternità ed esteso il congedo parentale anche per i padri; abolito i co.co.pro. e messo limiti alle false partite IVA. Allo stesso tempo, sono stati riformati gli ammortizzatori sociali ed è stata creata l’ANPAL che ha dato il via alla sperimentazione dell’assegno di ricollocazione per i disoccupati e che sta avviando servizi per il lavoro su tutto il territorio nazionale. I meriti del Jobs act sono dunque evidenti; bisogna ora proseguire promuovendo interventi più incisivi nelle politiche attive del lavoro.
La Legge Fornero va bene così?
La legge Fornero è migliorabile ma è chiaro che non può essere cancellata come dichiarato da Salvini. Di fatto, nell’ultima legislatura si sono realizzate 8 salvaguardie, che hanno riconsegnato a 153.000 lavoratori la possibilità di andare in pensione con le vecchie regole. Si è completata la sperimentazione di “Opzione Donna”, con altre 36.000 lavoratrici coinvolte. Infine, con l’APE sociale prevista dall’ultima legge di bilancio, si manderanno in pensione a regime, a partire dai 63 anni, circa 60.000 lavoratori che appartengono alle 15 categorie considerate attività gravose. Sul capitolo pensioni, nella prossima legislatura, bisognerà investire in maggiore flessibilità in uscita dal lavoro operando sia sull’estensione dell’anticipo pensionistico, che rivedendo le modalità di calcolo dell’aspettativa di vita; così come andrà rafforzato il pilastro della previdenza complementare.
Ultima domanda: come spiega, di fronte ad alcuni risultati positivi, il calo di consenso del Partito Democratico ?
Non mi fiderei troppo dei sondaggi: nessuno nel 2013 aveva previsto il boom dei Cinque Stelle e alle elezioni europee del 2014 diversi sondaggisti avevano previsto il sorpasso del PD da parte di Grillo. Sappiamo come è andata a finire, con il PD al 40%.
I risultati che questo Governo è riuscito ad ottenere sono sotto gli occhi di tutti. Un Paese che finalmente torna a crescere, più ricco non solo sul fronte economico e del lavoro ma anche dei diritti, delle politiche sociali, del contrasto alla povertà, del Terzo settore. In queste settimane che ci separano dalle elezioni sarà necessario raccontare nei territori quanto è stato fatto e quanto vogliamo realizzare nei prossimi anni. Tra realismo e false promesse scegliamo il realismo. Tra il rancore e la speranza siamo dalla parte della speranza.
ANTONIO PALMIERI (FORZA ITALIA)
Onorevole Palmieri, questa legislatura sul fronte sociale è stata assai significativa. Ricordiamo la riforma del cosiddetto TERZO SETTORE. Partiamo da questo ambito. Come giudica la Riforma e Quali elementi mancano?
La riforma ha elementi, come la valorizzazione dell’impresa sociale, che sono certamente apprezzabili. Però mancano ancora decine di decreti attuativi, a partire proprio da quelli che riguardano la normativa fiscale che favorisce gli investimenti nel non profit. Senza questi decreti, la riforma esiste solo sulla carta.
Il “Terzo Settore”, che tocca diversi ambiti, ha conosciuto, negli anni della crisi, stando all’ultima statistica dell’Istat una crescita sia per quanto riguarda il numero dei volontari e sia, nel “no profit”, di dipendenti. Questo significa che c’è stata una risposta significativa alla crisi? Si può migliorare questa risposta?
La nuova normativa sulla impresa sociale potrebbe essere utile. Come ho già detto, purtroppo non è praticabile la sua parte principale, quella connessa agli sgravi fiscali per chi investe nelle imprese del terzo settore.
Parliamo del Servizio Civile. Un ambito di “frontiera” non solo per i giovani coinvolti, dove possono maturare competenze utili anche per il lavoro, ma anche sul fronte caldo della immigrazione. Il Servizio Civile può diventare un “veicolo” per costruire l’appartenenza. Lei è d’accordo su questo aspetto?
Se ben realizzato, ci si può pensare. Ma non può essere imposto e necessita di risorse, non solo economiche, adeguate.
Una legislatura indubbiamente sociale. Se a tutto questo aggiungiamo la legge del “dopo di noi”, quella sull’unione civili e sul testamento biologico, si portano a casa buoni risultati (tenuto conto del quadro politico). Le chiedo, in maniera ostinata, perché, la sua parte politica, si è opposta allo “ius culturae”? E lei, come cattolico, non si sente interpellato dalla posizione del Papa e della Cei favorevoli allo “ius soli”. Di cosa avete paura ?
Intanto contesto quelli che lei chiama “buoni risultati”. Unioni civili e testamento biologico non lo sono. Sono il trionfo del più forte sul più debole. Quanto allo ius soli, in questo momento fornirebbe un grande incentivo ai trafficanti di esseri umani, al di là del contenuto specifico della legge. Del resto di fatto lo ius soli esiste già: basta fare domanda per avere la cittadinanza dopo dieci anni di permanenza in Italia. Se la questione è la lentezza o l’opacità delle procedure, si intervenga lì.
Torniamo per un attimo al “sociale”. Sul fronte delle politiche familiari si è scelto di continuare le politiche del “bonus bebè “. Per la famiglia andrebbe fatto molto di più. Il suo partito, quale proposta ha?
La nostra proposta della Flat Tax, con aumento della no Tax area fino a 12.000 euro, una sola aliquota al 23% e un rinnovato sistema di deduzioni per i figli a carico, darà alle famiglie la disponibilità di maggior denaro. Ciò vale per chi ha già figli e come prospettiva positiva per chi non ne ha ancora ma potrebbe essere più sereno nel prendere la decisione di mettere al mondo un figlio. Questa impostazione vuole rendere lo Stato finalmente amico della famiglia.
Sul fronte del lavoro gli ultimi dati fanno segnare, sul pano occupazionale, un record con molti limiti. E i limiti sono assai pesanti: la maggioranza sono contratti a tempo determinato . Non parliamo poi della flessibilità lavorativa. Insomma nessuno vuole negare i dati ma c’è ancora moltissimo da fare. Le chiedo quali proposte ha la coalizione di destra per rendere stabile il lavoro?
Da un lato la Flat Tax, facendo rimanere più denaro a disposizione di famiglie e imprese, alimenta un circuito virtuoso: più consumi interni, che vuol dire più produzione e dunque necessità di nuovi posti di lavoro. A questa rimessa in moto del motore dello sviluppo, uniremo la decontribuzione assoluta per tre anni per chi assume a tempo indeterminato, specialmente per chi assume giovani. Lo stesso faremo per i tre anni di apprendistato. Ma il punto principale è rimettere in moto lo sviluppo.
La Legge Fornero, secondo voi, in cosa va cambiata?
Vogliamo azzerare gli effetti negativi della riforma dal punto di vista sociale, basti pensare alla vicenda degli esodati. Occorre riscriverla totalmente, occorre fare una revisione totale del welfare pensionistico.
Peraltro, con il sistema contributivo si può anche ragionare sul togliere ogni limite. Se una persona vuole andare in pensione a 50 anni può farlo, prendendo come pensione quello che ha versato fino a quel momento. Prima di tutto ovviamente bisogna verificare la sostenibilità dei conti pubblici. Come ci è già successo in passato e come dimostrano le preoccupazioni europee sullo stato della nostra finanza pubblica, solo una volta al governo potremo avere l’esatto quadro della situazione.
Ultima domanda: Vi presentate, apparentemente, come una coalizione “unita”. Eppure non passa giorno in cui non emergono differenze tra voi (dai leghisti ai resti di alcuni ex dc)? Non le pare che questa coalizione sia una illusione ottica?
In campagna elettorale e con un sistema elettorale in gran parte proporzionale, c’è chi esalta le differenze, per cercare di aumentare i propri voti. Però la campagna elettorale finisce tra un mese e i fatti, cioè i nove anni di governo nazionale insieme e il governo di alcune Regioni italiane come Lombardia, Veneto e Liguria confermano che la coalizione non solo è solida, ma sa anche governare bene.
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