“Sogno una FLM riformista per dare una scossa alla modernizzazione del Paese”. Intervista a Marco Bentivogli

Mentre il governo è impallato sulla vicenda Siri, i problemi economici incalzano. La nostra economia, infatti, resta fragile. Le riposta del governo a questa fragilità è all’altezza? Quale contributo può portare il sindacato? Maurizio Landini, Segretario Generale della Cgil, in occasione della festa del Primo Maggio, in una intervista a Repubblica, ha lanciato la proposta di costituire un nuovo sindacato unitario per il lavoro, qual è il pensiero degli altri sindacati? Ne parliamo, in questa intervista, con un protagonista del movimento sindacale italiano: Marco Bentivogli, Segretario Generale della FIM-CISL.

Marco Bentivogli, incominciamo con qualche numero. l’ISTAT ha sfornato i dati sul primo trimestre del 2019: la crescita del PIL è dello 0.2% e l’occupazione fa segnare la crescita di 60 mila nuovi posti di lavoro nella maggioranza si tratta di nuova occupazione giovanile. Il governo dice, con Di Maio, “avanti così come un treno”… Bentivogli “avanti così”?
E’ una buona notizia certo ma non capisco i trionfalismi, nel primo trimestre dello scorso anno il pil era +1,4%, oggi siamo allo 0,1% e sta ripartendo la Cassa integrazione. Il dato diffuso dall’Istat conferma che siamo usciti dalla recessione tecnica mail Paese è in stagnazione. Basta col dire che se i risultati sono buoni è merito dei governi e se sono cattivi è colpa della crisi internazionale. Un paese che ha il doppio di disoccupazione giovanile rispetto alla media europea ha poco da festeggiare. Nel nostro paese tutto sembra remare contro i giovani: formazione, lavoro, previdenza, politiche per la casa e per i figli, sistema bancario. Siamo il fanalino di coda in Europa negli investimenti in formazione, appena il 4% del Pil, più di mezzo punto sotto la media europea al 4.9%, e siamo tra i peggiori paesi Ue nel divario competenze-occupazione. Investiamo poco e male in formazione e pochissimo in ricerca, appena 8.6 miliardi e ciò nonostante abbiamo oltre 151 mila giovani ‘precari di successo’, ricercatori, studiosi intrappolati in un sistema universitario imbolsito e baronale. Per non parlare delle politiche attive, il Governo si accorge che con i ‘navigator’ la potestà normativa concorrente, che il ‘mostro’ del titolo V assegna alle Regioni, ha creato un disastro. Vero andiamo come un treno che rischia di deragliare.

Non sei ottimista sulla crescita italiana…Cosa manca nella politica economica del governo?
Siamo il paese che cresce meno in Europa. Le Politiche del governo stanno frenando il paese. Decreto dignità, al DEF per passare al Decreto Crescita stanno mortificando il lavoro. Per questo ieri come Fim, Fiom, Uilm abbiamo riunito gli esecutivi nazionali in preparazione dello sciopero generale dei metalmeccanici che si terrà il 14 giugno. Ci sono ancora aperti 138 tavoli di crisi aziendali su cui il governo fa melina. Per il settore metalmeccanico che ricordo contribuisce al 52% dell’export servirebbe mettere in campo investimenti a partire da quali sull’industria , a quelli sulla formazione e ricerca. Soprattutto in vista dei grandi cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e di cui parlo nel mio ultimo libro: Contrordine Compagni. Lavorare sul taglio del cuneo fiscale e della burocrazia, agevolare l’accesso al credito e investire su ecosistema favorevole alle imprese e all’innovazione. Il Governo invece con reddito di cittadinanza e condono fiscale va nella direzione opposta premia furbi ed evasori. Anche sul piano di politica estera i veti sugli accordi internazionali come quella presa dal governo sul trattato UE- Canada, il pasticcio del memorandum con la Cina per la nuova via della Seta danno l’idea di un paese che non ha chiaro il proprio ruolo nello scacchiere internazionale. Un paese intelligente che vive di esportazione non fa come il ristoratore che tratta male i migliori clienti. Canada, Francia, Germania sono tra i paesi in cui l’Italia esporta di più. Questo è un paese che ha bisogno di riforme radicali e invece la sbornia populista le rinvierà ancora, con buona pace della sinistra ztl che le ha sempre avversate.

Questo governo populista e sovranista si vanta di aver fatto una “rivoluzione” nel welfare : reddito di cittadinanza e quota “100”. Come sta procedendo questa “rivoluzione”?
Il ministro del Lavoro diceva che si sarebbero creati 3 nuovi posti di lavoro ogni pensionato. In realtà, ma credo che ormai questa non sia più una novità, le aziende hanno utilizzato quota 100 per fare lo stesso lavoro con meno gente, la chiamano “ottimizzazione”. Lo stesso DEF con lo 0.2% sull’occupazione certifica che le misure del Governo: Decreto Dignità e quota 100 hanno effetti negativi sull’occupazione. Su quota 100 c’è poi da dire che anche questo governo, come i precedenti, non ha tenuto conto delle differenze che esistono tra lavori, usuranti e non. Questo la dice lunga su come queste operazioni abbiano solo un sapore elettoralistico. Sono misure a dir poco estemporanee che creano ulteriore debito pubblico e non correggono uno degli aspetti principali che riguardano la riforma Fornero come quello dei lavoratori che svolgono mansioni gravose e usuranti. La povertà, come abbiamo visto, nonostante gli annunci del Ministro DiMaio, non è stata sconfitta con il reddito di cittadinanza, anzi, il governo ha penalizzato il terzo settore e molte realtà che svolgevano un ruolo importante di inserimento lavorativo e sostegno ai più poveri. Per combattere la povertà c’è bisogno di qualcosa di diverso, degli attivatori sociali come il Reddito di inclusione che combatte la povertà ma attiva la persona. L’idea di sussidiare le nuove generazioni è pericolosa: abbiamo bisogno di vedere le nuove generazioni in campo e non in panchina, il tutto in un Paese dove permane un notevole disallineamento delle professionalità richieste dal lavoro rispetto quelle espresse dal sistema educativo. Forse bisognava lavorare più su questo.

Sul fronte delle politiche contrattuali c’è il cosiddetto decreto dignità? Una “rivoluzione” mancata?
Il cosiddetto “decreto dignità” sta lasciando a casa tanti lavoratori. Questo in alcuni casi è già avvenuto e in altri è stato comunicato ai lavoratori che al termine dei 24 mesi o dei 12 senza causale non ha visto il rinnovo di contratto. In molte aziende come sindacato siamo riusciti attraverso gli accordi aziendali ad evitare che ciò accadesse. Ma ci sono aziende che con contratti tra i 12 e 24 mesi non hanno la possibilità di mettere la causale perché hanno un lavoro stagionale. Il Decreto dignità, come quello “anti-delocalizzazioni – sono state operazioni propagandistiche come quella del precedente governo che si lavò la coscienza cancellando i voucher e moltissime imprese lasciarono a casa decine di migliaia di ragazzi e ragazzi che sono tornati a casa o sono finiti per fare un lavoro nero. La precarietà purtroppo si coniuga bene con la parte più ideologica anche del sindacato che vuole o i contratti a tempo indeterminato o nulla. Coloro che puntano su questo aspetto tendono ad estendere quello che è un primato dell’Italia in Europa: il lavoro nero e l’evasione fiscale.

Adesso dovrebbe arrivare un’altra “rivoluzione” : quella sul salario minimo. Avete espresso forti perplessità. Perché?
Il salario minimo legale è un tema che torna ciclicamente all’onore delle cronache, più o meno con la stessa cadenza con cui si susseguono le stagioni, ma prima di parlare di salari bisognerebbe parlare di produttività, che è stagnate dal 1995, la vera leva per aumentare i salari. E’ una proposta comunque, quella del salario minimo, che come quella che arrivo dal Governo precedente non tiene conto della situazione del Paese, dove l’85% dei lavoratori sono tutelati da contrattazione collettiva, che garantisce un sistema di minimi retributivi nazionali molto più esteso ed efficace della copertura garantita dai minimi salariali legali previsti negli altri Paesi. E’ una proposta che può avere un qualche senso in settori residuali per combattere le paghe da fame, insieme però, al ripristino e potenziamento delle ispezioni.

Matteo Renzi non aveva grande simpatia per il sindacato, mi pare che neppure questo governo manifesti “simpatia”. La disintermediazione continua?
La disintermediazione non mi pare abbia portato bene a Renzi, l’esercizio del potere in democrazia passa attraverso l’ascolto e la mediazione anche con le parti sociali che devono rinunciare a immaginare però il loro potere come diritto di veto e interdizione. Ricordo a tutti che inizò Tremonti nel 2001 annunciando il Dpef a Porta a Porta. Questo governo rispetto a quello Renzi ha l’aggravante di avere all’interno chi pensa che uno vale uno e quindi esclude a priori la possibilità che ci sia il una mediazione, dall’altra ci sono aspetti che questo governo porta avanti, che vanno a minare il minimo messaggio fondativo sindacale. Quando un governo con nonchalance va ad invocare il neofascismo e razzismo non possiamo pensare che questo messaggio anti-solidaristico entri dentro le fabbriche senza avere effetti e che questo sia coesistente con il sindacato. Per questo rispetto ai governi precedenti siamo davanti ad una situazione ancor più preoccupante che va oltre la disintermediazione.

Parliamo di voi. Quest’anno sono si compiono i 50 anni dagli avvenimenti dell’autunno caldo. Quella grande stagione di protagonismo del sindacato confederale che ha portato a conquiste sociali che hanno fatto crescere l’Italia. C’era un grande anelito unitario(vedi la FLM). 50 anni dopo Maurizio Landini lancia la proposta di un nuovo sindacato unitario. Landini è un metalmeccanico, lei pure. Forse, questa di Landini, può essere una grande opportunità per costruire davvero una storia nuova per il sindacato italiano. Non pensi che la Fim-Cisl può dare una grossa spinta a questo obiettivo?

In realtà ne ho parlato 4 anni fa, quando l’attuale Segretario della Cgil era a capo della Fiom e fui criticato. Quella di Landini non è un’idea nuova ma presuppone comportamenti coerenti all’enunciato. La gloriosa stagione riformista che vide protagonista il Sindacato e che incluse anche il progetto dell’FLM – che tu richiami – fu pensata su ragioni e presupposti che oggi non ci sono più – anche se poi fallì per ragioni sulle quali forse Landini ancora oggi dovrebbe riflettere. Certo sono d’accordo con lui, in prospettiva, c’è sicuramente la necessità di semplificare il quadro sindacale ma bisogna risolvere diversi nodi non secondari, dalle posizioni “politiche”: penso alla posizione della Cgil sul Venezuela, della Fiom sulla Tav a quelle contrattuali, ricordo che appena un mese fa la Fiom non ha firmato il contratto con Fca. Certo un Flm riformista, come quella dei bei tempi, è nei miei sogni, bisognerebbe parlarne come si faceva allora, rispettandosi, guardandosi negli occhi e un po’ meno facendo spot sui giornali a cui non segue alcuna costruzione strategica. Bisogna fare sul serio.

Come immagini il futuro sindacato unitario?
Immagino un sindacato che vada oltre l’ideologia che sappia tenere insieme alla protesta la proposta, l’emergenza ma soprattutto la prospettiva, un sindacato che guardi all’innovazione non come un nemico da combattere ma come una terreno di sfida su cui costruire nuovi diritti, capace di immaginare l’esercizio della rappresentanza anche attraverso gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Prima dell’unità dobbiamo riconquistare una buona reputazione per candidarci ad essere un soggetto di rappresentanza vera, costruire una forma organizzativa in grado di raccogliere le persone di oggi, non limitarci a una banale riedizione di forme organizzative del passato, che magari funzionavano bene quarant’anni fa ma non più oggi. Siamo al dunque: non ci sono proroghe, non ci sarà nulla che ci allunga la vita se non la capacità di fare scelte Rifondative, Radicali, Rigeneratrici.

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