Un altro affresco di Zygmunt Bauman sulla nostra contemporaneità. Davvero interessante piccolissimo libro del sociologo polacco Baumann. Un maestro della sociologia contemporanea, ancora capace di splendide sintesi di l unga durata. Una vera e propria “sociologia della crisi”.
Spesso il pensiero di Baumann è stato replicato con banalità, facendosi, così, perdere la profondità del suo pensiero. Come si sa la sua definizione della contemporaneità come “società liquida” ha segnato da almeno vent’anni la riflessione sociologica dell’Occidente. Nella società “liquida” tutto viene messo in discussione: valori, sentimenti, antropologie, modi di produzione, comunità. Insomma di fronte alla globalizzazione e alla società liquida (che è l’altra faccia della globalizzazione) è tutto l’uomo ad essere messo in discussione.
Così alle omologazioni culturali della globalizzazione la società contemporanea è attraversata da fenomeni di ricerca di senso e di aggregazioni comunitarie (a volte queste aggregazioni “comunitarie” assumono forme deleterie di esclusione del diverso, e sono le forme estreme di localismo). In questo libretto, che è la trascrizione di un dialogo con il sociologo Carlo Bordoni, il “maestro” di Leeds torna, lo aveva già fatto anni fa, sul tema affascinate e complesso della comunità Il titolo, uscito per i tipi di Aliberti, è Communitas. Uguali e diversi nella società liquida (pagg. 60 € 6,00).
Il tema della “comunità” (Gemeinschaft) è un classico della sociologia, introdotto nell’ottocento da Ferninand Tonnies come in contrapposizione alla “societas” o, in tedesco dalla “Gesellschaft”. Per Bauman sono elementi imprescindibili dell’avventura umana nella società. La “comunità” è il luogo delle “radici”, della “rassicurazione”, la “societas” è il luogo della vastità (della dispersione direbbe Hegel), il mondo intero. E le dinamiche sono diverse per ciascuno degli ambiti ma complementari e paralleli: ciascun uomo vive in una “comunità” e in una “società”. Oggi, osserva, Bauman non esiste la “comunità” ma le “comunità” alle quali siamo partecipi in più dimensioni. Un altro punto in questa dialettica è quello tra libertà e sicurezza.
Cosa è oggi la “comunità”? Bauman, in una sorta di procedimento dialettico, parte con quello che non è comunità . La comunità non è la società e non è nemmeno la “rete” (i social network). Nel social network siamo liberi, siamo “padroni” delle nostre scelte e siamo insicuri. Nella comunità siamo impigliatI: “la comunità si impone su di noi, mentre la rete è qualcosa che pensiamo essere noi a creare, noi abbiamo il controllo, ecco la differenza sostanziale”. Altra differenza è il controllo della comunità sull’individuo, la comunità è esigente. In questo essere sempre presente la comunità ci da “sicurezza”. E’ una dialettica inesorabile dell’umana esposizione. In questa dialettica si fa i conti, inevitabilmente, con il tema della uniformità. Un tema tremendo per certi versi. Quindi le moderni “reti” sono paliativi del nostro bisogno di “Comunità” nel tempo della dispersione e della precarietà. La società liquida appunto. Per cui abbiamo bisogno sia di libertà che di sicurezza: “la libertà senza la sicurezza sarebbe il caos completo, la sicurezza senza libertà sarebbe la schiavitù”. Per cui sugli uomini “grava sempre questa maledizione: la costante necessità di scegliere”. Nulla è mai acquisito. Come la generazione di solidarietà ad opera della comunità. Per cui per esempio, qui Bauman riprende la definizione marxiana, il tema della precarietà, un problema devastante della nostra società, dovrebbe essere affrontato passando dalla “classe in sé” alla “classe per sé”. Ovvero passando alle azioni operose di solidarietà come hanno fatto gli operai della rivoluzione industriale. Un sentirci accomunati da uno stesso destino. Invece oggi è prevalente la dispersione. Un altro punto toccato da Bauman è il binomio comunità-identità. Ma c’è un punto finale nella riflessione del sociologo polacco, che può essere considerato come sintetico di tutto il suo ragionamento. Ed è quello della scissione tra potere e politica. E’ il fulcro della sua riflessione. Oggi non esistono le istituzioni capaci di farsi carico delle esigenze e dei bisogni del collettivo: “non abbiamo oggi simili istituzioni perché la nostra politica è limitata al livello dello Stato-nazione, mentre il potere si trova già oltre le frontiere nazionali”. Ed è in questa frattura, tra globale e locale, che si compie la crisi planetaria che stiamo vivendo. Per cui a livello locale le conseguenze sono devastanti: “La situazione è questa: le città contemporanee sono una sorta di bidoni della spazzatura, dentro i quali i poteri globali lasciano cadere i problemi affinché vengano risolti. Per esempio le migrazioni di massa sono un fenomeno globale, causato da meccanismi globali. Siamo tutti cittadini della città. Siamo tutti coinvolti nel compito di risolvere questi difficili interrogativi con cui dobbiamo confrontarci”. Insomma si tratta di passare dalla “Città in sé” alla “Città per sé”.
il POTERE GLOBALE! Delirio di onnipotenza; Torre di Babele!tornare alla Polis. rifondare il senso di essere uomini,al dovere della solidarietà;alla ricerca del proprio mistero;allo stupore;alla meraviglia;qualsiasi formula adeguata allo stato di sviluppo dell’umaanità può essere lecito quando finalizzato al suo avanzamento umano e spirituale.quando l’uomo abbandona la consapevolezza della sua dignità morale diviene ,fatalmente una fiera assetata di sangue,acecata dalla sete di potere;praticamente un mostro autodivorante