In questi anni, spesso, si è parlato di Lobby del Vaticano. Si faceva, quasi sempre, riferimento a potenti gruppi come Opus Dei e Comunione e Liberazione.
Ora la Casa Editrice “Chiarelettere” pubblica un libro di Carlotta Zavattero, giornalista d’inchiesta collaboratrice del “Corriere della Sera, “Le Lobby del Vaticano. I gruppi integralisti che frenano la rivoluzione di Papa Francesco” (pagg. 186, € 13,00) allarga lo sguardo ad altri movimenti o congregazioni (tipo Legionari di Cristo, Sant’Egidio, Neocatecumenali, Focolarini e Rinnovamento nello Spirito). Il libro propone interviste e testimonianze. Come scrive Ferruccio Pinotti, nella sua Prefazione, il volume pone “domande forti e sostiene alcune tesi meritevoli di dibattito”. Insomma un libro che farà sicuramente discutere. Ne parliamo con l’autrice.
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A cinquant’anni dal Vaticano II (1). Intervista a Vito Mancuso
L’11 Ottobre 1962 si apriva a Roma, in San Pietro, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Un evento straordinario, nella storia della Chiesa contemporanea. Desiderato e voluto dalla sapienza lungimirante di Giovanni XXIII. Così, per ricordare a cinquant’anni di distanza, abbiamo pensato di dedicare a quell’avvenimento una serie di approfondimenti. Incomiciamo, oggi, con una intervista al teologo Vito Mancuso. Mancuso è una delle voci più interessanti nel panorama teologico italiano ed europeo.
Professore, non si è ancora spenta nell’opinione pubblica la grande risonanza che ha avuto la morte del Cardinale Carlo Maria Martini. In particolare ha suscitato, e continua a suscitare polemiche l’”intervista-testamento” del Cardinale uscita sul “Corriere della Sera” dopo la sua morte. Lei, in un articolo su “Repubblica” di domenica scorsa, ha giudicato alcuni interventi di esponenti cattolici come “operazione-anestesia” sulla figura di Martini. Cosa intende esattamente con queste parole?
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Le Macerie del berlusconismo. Intervista a Michele Salvati
L’Italia vive giorni pesanti. Si sta consumando una lunga fase storica: quella segnata dal berlusconismo. Il fatto politicamente importante nella giornata di ieri è stata la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, del Professor Mario Monti a Senatore a vita. Questa nomina, tra l’altro, porterà, quasi sicuramente, ad un incarico per formare un governo d’emergenza. Per parlare di questo periodo decisivo per il destino del nostro Paese abbiamo intervistato il professor Michele Salvati, economista e Direttore della rivista ”il Mulino ed editorialista del “Corriere della Sera”. E’ autore di numerose pubblicazioni, l’ultima suo libro è uscito da poco per i tipi del Mulino: “Tre pezzi facili sull’Italia. Democrazia, crisi economica, Berlusconi”. Un’analisi chiara di alcune costanti dell’anomalia italiana, di cui la più interessante e significativa è quella di una difficile democrazia dell’alternanza.
Professor Salvati il Paese sta vivendo ore pesanti: lo spread ha toccato ormai un livello pericolosissimo. La fase conclusiva del berlusconismo (Berlusconi si dimetterà dopo l’approvazione della “legge di stabilità”) ci lascia un cumulo di macerie sul fronte economico e sociale. Lui che si è auto proclamato “uomo del fare” ha portato l’Italia ad un punto limite. Nel suo libro, “Tre pezzi facili per l’Italia” appena uscito per il Mulino, analizza la parabola berlusconiana. Le chiedo: qual è la radice della crisi del berlusconismo?
La radice sta nella sua incapacità di tenere fede al programma che con tanta baldanza aveva annunciato quando è “disceso” in politica, cioè un programma liberale, un programma che riflettesse sui bisogni di “riforme strutturali” del nostro Paese. Come si sa Berlusconi ebbe un primo breve termine, come Presidente del Consiglio, nel ’94 e presentò una riforma importante delle pensioni fatta da un eccellente economista, Onorato Castellino. Le reazioni a questa riforma liberale e profondamente giusta furono tali da parte della Lega (molto simili a quelle di adesso che non vuole toccare le pensioni d’anzianità) che il governo Berlusconi cadde, la Lega si staccò e ci fu una serie di governi che conosciamo: il governo Dini, le elezioni e il governo Prodi. In realtà i governi degli anni ’90 avevano cominciato ad affrontare i problemi di fondo del nostro Paese. Quando Berlusconi tornò al potere nel corso degli anni 2000 (2001-2006; 2008 ad oggi) di queste riforme profonde non si parlò più, perché il problema della popolarità, il desiderio di rincorrere la popolarità e quindi di evitare l’impopolarità che riforme così profonde creano, fecero si che Berlusconi non fece più nulla e anzi dicesse che tutto andava bene quando in realtà tutto andava male. Doveva continuare le riforme che avevano iniziato i governi tra il ’92 e il ’98 se devo dare una risposta da economista. Lascio del tutto da parte i problemi di inadeguatezza di Berlusconi sotto altri profili: politico, morale ecc, considero soltanto il profilo economico dove le riforme non le ha fatte, dando un’idea del tutto entusiastica ed erronea della situazione economica italiana.
La “II Repubblica” che doveva segnare il passaggio ad una democrazia “normale”, fatta di alternanza tra le coalizioni, in realtà, come scrive nel libro, si è configurata e polarizzata come uno scontro tra “berlusconiani” e “antiberlusconiani” (che richiama la vecchia divisione tra “comunisti” e “anticomunisti”). E’ sufficiente, secondo lei, l’uscita di Berlusconi per normalizzare la situazione? Oppure, in verità, anche l’attuale centrosinistra deve essere più convincente?
Che l’attuale centrosinistra debba essere più convincente è una domanda apprezzabile che mi sento anch’io di fare. Piuttosto la domanda che dobbiamo farci è la seguente: a parte il fenomeno Berlusconi possiamo considerare che i toni aspri e di scontro che ci sono stati tra Berlusconi e il centrosinistra, durante la II Repubblica, questo tipo di conseguenze che non hanno fatto bene al Paese siano eliminabili con l’eliminazione di Berlusconi? Detto in altre parole: è possibile avere un bipolarismo meno gridato e urlato, e più efficiente di quello che noi abbiamo avuto se al posto di Berlusconi si forma un centrodestra più, diciamo, “normale”? Questa è la domanda, perché molti, innanzitutto Casini che diventerà un “pivot” delle scelte politiche dei prossimi giorni, come vedremo, non la pensano così. Pensano che il nostro Paese sia inadatto a uno scontro frontale fra un centrodestra e un centrosinistra, cioè che anche senza Berlusconi ci saranno delle tensioni fortissime. Questo è un giudizio sul qual bisogna prendere posizione, perché da come si risponde a questa domanda dipende molto l’evoluzione del nostro sistema politico nei prossimi anni.
Ultima domanda: Gli osservatori stranieri imputano la crisi,tra l’altro, alla scarsa credibilità all’attuale governo italiano. Le chiedo lei è ottimista sulla possibilità di un “governo del Presidente”?
Ho l’impressione che due sono le possibili soluzioni. Una più probabile oggi che è quella di un brevissimo governo elettorale, affidato ad una personalità autorevole e riconosciuta o del centrodestra o del centrosinistra, per esempio Giuliano Amato, che prepari semplicemente il Paese alle elezioni e tenga sotto controllo la crisi economica. Deve essere una persona stimata anche a livello internazionale, affidabile per i mercati, con il compito fondamentale di far passare le riforme che i mercati ritengono essenziali e che, sia il Fondo Monetario sia l’UE ci stanno prescrivendo in dettaglio. Poi si va alle elezioni con questa legge elettorale con la possibilità che si formino di nuovo due blocchi, uno di centrodestra uno di centrosinistra, forse con un personaggio intermedio come Casini, che però non trova una facile collocazione né da una parte né dall’altra. Direi che se così avviene, la crisi continua.
L’altra possibilità è più azzardata perché non si trova nel Parlamento una quantità di voti che ne garantisca la solidità. Questo è un governo più ambizioso, un governo Monti, che non starebbe per un breve governo elettorale , ma per fare delle riforme più pesanti e avviare il nostro Paese al risanamento sia economico, sia politico-amminstrativo. A questo punto è fondamentale una nuova legge elettorale, che è molto discussa e controversa sia nel centrodestra che nel centrosinistra.
Queste sono le due possibilità che io vedo, ma certo non escludo che ce ne possano essere altre, come in extremis un rinvio di Berlusconi alle Camere. Io ho una fortissima preferenza per un governo Monti, cioè per un governo che abbia il tempo e lo spazio, non solo di stare e obbedire ai diktat del FMI o dell’ UE, anche se sono diktat ragionevoli date le nostre circostanze, ma anche di interloquire e di negoziare e che abbia lo stile internazionale sufficiente a condurre queste negoziazioni.
Il mondo interiore di Claudio Magris
Immaginate un dialogo “socratico” (se non nel modo nel ritmo), in un tempo segnato da insulti, volgarità – nella politica e nel quotidiano – , che si svolge all’interno dello splendido Caffè San Marco di Trieste, tra i suoi i suoi bellissimi specchi, tra uno scrittore, forse il più raffinato tra quelli italiani, Claudio Magris e un bravo giornalista, italiano che vive al Cairo, Marco Alloni (che per la stessa collana ha intervistato, tra gli altri, Luzzato, Tabucchi, Garimberti), il risultato è un interessantissimo libretto, pubblicato dalla Casa Editrice Aliberti, “Se non siamo innocenti” (pagg. 90, € 10). Continua a leggere
Indro e il Cavaliere
Il 22 luglio di dieci anni fa si spense a Milano, alle prime ore di quel giorno, Indro Montanelli. Aveva novantadue anni. Di Montanelli, grande maestro di giornalismo, ricordiamo il suo anticonformismo, la sua ironia irriverente, il suo amore per la libertà, il suo stile.
Uno stile simile a quello del suo “amico-nemico” , cattolico comunista, Fortebraccio corsivista dell’Unità. Un gran godimento procurava leggere le polemiche, quasi quotidiane, tra i due mostri sacri del giornalismo italiano. E si prova grande nostalgia, in tempi di “macchine del fango”, per la gran classe di entrambi. Continua a leggere