La salvezza e la speranza umane. Un pensiero di Aldo Moro.

Offriamo ai nostri lettori questo pensiero di Aldo Moro. Un pensiero, nei giorni desolati della politica contemporanea, che riscatta la dignità dell’ impegno politico. E’ un pensiero, certamente, “credente” quello di Moro. Nella sua profondità svela il nesso intrinseco tra la politica e la liberazione umana. Una liberazione sempre parziale. Ma senza questo legame la politica muore. Continua a leggere

Per un’etica costituzionale. La passione civile di Rodotà

Sicuramente Stefano Rodotà, fine giurista e filosofo, è stato , ed è, tra i più forti critici del berlusconismo politico-morale. Questo libretto, uscito per i tipi di Laterza, dal titolo “antico” Elogio del moralismo (pagg. 96, € 9,00) rappresenta, infatti, una piccola “summa” dell’alternativa morale e “costituzionale” al berlusconismo che ha fatto da padrone nel nostro Paese per troppi anni. Continua a leggere

“Lo Stato siamo noi”. L’attualità di Piero Calamandrei

In tempi di transizione, come questi che stiamo vivendo, è bene che ciascuno di noi ritrovi la propria memoria storica e politica. Bene ha fatto, così, la casa editrice Chiarelettere a pubblicare questa raccolta di interventi e scritti di Piero Calamandrei (“Lo Stato siamo noi”, pagg, 137. € 7,00).

Il libretto raccoglie interventi e scritti che coprono un arco temporale che va dal 1946 al 1956. Sono ripresi, nella maggior parte, dalla rivista “Il ponte”.
Il progetto che ha animato la vicenda umana e politica di Calamandrei è stato quello di “defascistizzare gli italiani” per fondare una nuova “religione civile” centrata sulla Costituzione del 1948. Su queste basi nasce la “cittadinanza attiva” dell’Italia repubblicana.
La visione del giurista fiorentino della Costituzione era una visione dinamica, si potrebbe dire progressiva: “Le Costituzioni – scriveva – vivono fino a che le alimenta dal didentro la forza politica”. Senza questo “spirito vitale” le costituzioni muoiono.
Per questo Piero Calamandrei, padre Costituente e tra i fondatori del Partito d’Azione, tra le figure più nobili della nostra storia repubblicana in un discorso ai giovani, giustamente celebre, tenuto a Milano nel 1955, nel salone dell’Umanitaria, affermava: “Quindi, voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla cosa vostra, metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica, rendersi conto – queste è una delle gioie della vita – rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo di un tutto, nei limiti dell’Italia e del mondo”.
E’ un appello, quello di Calamandrei, all’agire politico nobile, ad una visione della politica come “scienza della libertà”. Che non è la libertà individualistica, l’individualismo infatti afferma il tragico orgoglio dell’uomo che considera la propria sorte staccata da quella degli altri che il fascismo ha portato ad etica suprema con l’urlo animalesco del “me ne frego!” (in nome di questo poi si schiacciano popoli e nazioni). Quella intesa da Calamandrei,invece, è la libertà intesa come interdipendenza: “libertà come consapevolezza della solidarietà umana che unisce in essa gli individui e i popoli, come coscienza della loro dipendenza scambievole; come condizione di giustizia sociale (…) I popoli saranno veramente liberi quando si sentiranno, anche giuridicamente, “interdipendenti”. Il federalismo, prima che una dottrina politica, è la espressione di questa raggiunta coscienza morale della interdipendenza della sorte umana, che intorno ad unico centro si allarga con cerchi sempre più larghi, dal singolo al comune, dalla regione, dall’unione supernazionale alla intera umanità”.
Siamo agli antipodi della logica leghista dove il primato sta nella separazione, il “federalismo” della Lega è atomismo invece che interdipendenza.
Per concludere queste brevi note: dicevamo, poco sopra, del progetto di Calamandrei per creare una nuova “religione civile” centrata sulla Costituzione. Ebbene questa non può nascere dalla “desistenza”, che è sinonimo di passività, rassegnazione, ignavia, assenza di futuro, ma al contrario nasce dalla “resistenza” che parte, scrive Calamandrei, da un “sussulto morale che è stato la ribellione di ciascuno di noi contro la propria cieca e dissennata assenza”. Per questo “ora e sempre RESISTENZA”.

Le Macerie del berlusconismo. Intervista a Michele Salvati

L’Italia vive giorni pesanti. Si sta consumando una lunga fase storica: quella segnata dal berlusconismo. Il fatto politicamente importante nella giornata di ieri è stata la nomina, da parte del Presidente della Repubblica, del Professor Mario Monti a Senatore a vita. Questa nomina, tra l’altro, porterà, quasi sicuramente, ad un incarico per formare un governo d’emergenza. Per parlare di questo periodo decisivo per il destino del nostro Paese abbiamo intervistato il professor Michele Salvati, economista e Direttore della rivista ”il Mulino ed editorialista del “Corriere della Sera”. E’ autore di numerose pubblicazioni, l’ultima suo libro è uscito da poco per i tipi del Mulino: “Tre pezzi facili sull’Italia. Democrazia, crisi economica, Berlusconi”. Un’analisi chiara di alcune costanti dell’anomalia italiana, di cui la più interessante e significativa è quella di una difficile democrazia dell’alternanza.

Professor Salvati il Paese sta vivendo ore pesanti: lo spread ha toccato ormai un livello pericolosissimo. La fase conclusiva del berlusconismo (Berlusconi si dimetterà dopo l’approvazione della “legge di stabilità”) ci lascia un cumulo di macerie sul fronte economico e sociale. Lui che si è auto proclamato “uomo del fare” ha portato l’Italia ad un punto limite. Nel suo libro, “Tre pezzi facili per l’Italia” appena uscito per il Mulino, analizza la parabola berlusconiana. Le chiedo: qual è la radice della crisi del berlusconismo?

La radice sta nella sua incapacità di tenere fede al programma che con tanta baldanza aveva annunciato quando è “disceso” in politica, cioè un programma liberale, un programma che riflettesse sui bisogni di “riforme strutturali” del nostro Paese. Come si sa Berlusconi ebbe un primo breve termine, come Presidente del Consiglio, nel ’94 e presentò una riforma importante delle pensioni fatta da un eccellente economista, Onorato Castellino. Le reazioni a questa riforma liberale e profondamente giusta furono tali da parte della Lega (molto simili a quelle di adesso che non vuole toccare le pensioni d’anzianità) che il governo Berlusconi cadde, la Lega si staccò e ci fu una serie di governi che conosciamo: il governo Dini, le elezioni e il governo Prodi. In realtà i governi degli anni ’90 avevano cominciato ad affrontare i problemi di fondo del nostro Paese. Quando Berlusconi tornò al potere nel corso degli anni 2000 (2001-2006; 2008 ad oggi) di queste riforme profonde non si parlò più, perché il problema della popolarità, il desiderio di rincorrere la popolarità e quindi di evitare l’impopolarità che riforme così profonde creano, fecero si che Berlusconi non fece più nulla e anzi dicesse che tutto andava bene quando in realtà tutto andava male. Doveva continuare le riforme che avevano iniziato i governi tra il ’92 e il ’98 se devo dare una risposta da economista. Lascio del tutto da parte i problemi di inadeguatezza di Berlusconi sotto altri profili: politico, morale ecc, considero soltanto il profilo economico dove le riforme non le ha fatte, dando un’idea del tutto entusiastica ed erronea della situazione economica italiana.

La “II Repubblica” che doveva segnare il passaggio ad una democrazia “normale”, fatta di alternanza tra le coalizioni, in realtà, come scrive nel libro, si è configurata e polarizzata come uno scontro tra “berlusconiani” e “antiberlusconiani” (che richiama la vecchia divisione tra “comunisti” e “anticomunisti”). E’ sufficiente, secondo lei, l’uscita di Berlusconi per normalizzare la situazione? Oppure, in verità, anche l’attuale centrosinistra deve essere più convincente?

Che l’attuale centrosinistra debba essere più convincente è una domanda apprezzabile che mi sento anch’io di fare. Piuttosto la domanda che dobbiamo farci è la seguente: a parte il fenomeno Berlusconi possiamo considerare che i toni aspri e di scontro che ci sono stati tra Berlusconi e il centrosinistra, durante la II Repubblica, questo tipo di conseguenze che non hanno fatto bene al Paese siano eliminabili con l’eliminazione di Berlusconi? Detto in altre parole: è possibile avere un bipolarismo meno gridato e urlato, e più efficiente di quello che noi abbiamo avuto se al posto di Berlusconi si forma un centrodestra più, diciamo, “normale”? Questa è la domanda, perché molti, innanzitutto Casini che diventerà un “pivot” delle scelte politiche dei prossimi giorni, come vedremo, non la pensano così. Pensano che il nostro Paese sia inadatto a uno scontro frontale fra un centrodestra e un centrosinistra, cioè che anche senza Berlusconi ci saranno delle tensioni fortissime. Questo è un giudizio sul qual bisogna prendere posizione, perché da come si risponde a questa domanda dipende molto l’evoluzione del nostro sistema politico nei prossimi anni.

Ultima domanda: Gli osservatori stranieri imputano la crisi,tra l’altro, alla scarsa credibilità all’attuale governo italiano. Le chiedo lei è ottimista sulla possibilità di un “governo del Presidente”?

Ho l’impressione che due sono le possibili soluzioni. Una più probabile oggi che è quella di un brevissimo governo elettorale, affidato ad una personalità autorevole e riconosciuta o del centrodestra o del centrosinistra, per esempio Giuliano Amato, che prepari semplicemente il Paese alle elezioni e tenga sotto controllo la crisi economica. Deve essere una persona stimata anche a livello internazionale, affidabile per i mercati, con il compito fondamentale di far passare le riforme che i mercati ritengono essenziali e che, sia il Fondo Monetario sia l’UE ci stanno prescrivendo in dettaglio. Poi si va alle elezioni con questa legge elettorale con la possibilità che si formino di nuovo due blocchi, uno di centrodestra uno di centrosinistra, forse con un personaggio intermedio come Casini, che però non trova una facile collocazione né da una parte né dall’altra. Direi che se così avviene, la crisi continua.

L’altra possibilità è più azzardata perché non si trova nel Parlamento una quantità di voti che ne garantisca la solidità. Questo è un governo più ambizioso, un governo Monti, che non starebbe per un breve governo elettorale , ma per fare delle riforme più pesanti e avviare il nostro Paese al risanamento sia economico, sia politico-amminstrativo. A questo punto è fondamentale una nuova legge elettorale, che è molto discussa e controversa sia nel centrodestra che nel centrosinistra.

Queste sono le due possibilità che io vedo, ma certo non escludo che ce ne possano essere altre, come in extremis un rinvio di Berlusconi alle Camere. Io ho una fortissima preferenza per un governo Monti, cioè per un governo che abbia il tempo e lo spazio, non solo di stare e obbedire ai diktat del FMI o dell’ UE, anche se sono diktat ragionevoli date le nostre circostanze, ma anche di interloquire e di negoziare e che abbia lo stile internazionale sufficiente a condurre queste negoziazioni.

Il mondo interiore di Claudio Magris

Immaginate un dialogo “socratico” (se non nel modo nel ritmo), in un tempo segnato da insulti, volgarità – nella politica e nel quotidiano – , che si svolge all’interno dello splendido Caffè San Marco di Trieste, tra i suoi i suoi bellissimi specchi, tra uno scrittore, forse il più raffinato tra quelli italiani, Claudio Magris e un bravo giornalista, italiano che vive al Cairo, Marco Alloni (che per la stessa collana ha intervistato, tra gli altri, Luzzato, Tabucchi, Garimberti), il risultato è un interessantissimo libretto, pubblicato dalla Casa Editrice Aliberti, “Se non siamo innocenti” (pagg. 90, € 10). Continua a leggere