
Giudizio Universale
Nel cuore della Santa sede, all’interno del palazzo apostolico, i cardinali sono impegnati da mesi in un’operazione di salvataggio che sembra impossibile. Un piano segreto di emergenza da realizzare assolutamente entro cinque anni, prima che sia troppo tardi. I clamorosi dossier riservati che compongono la nuova inchiesta di Gianluigi Nuzzi tracciano uno scenario impensabile: la Chiesa è prossima al default finanziario. Mancano i soldi per pagare i dipendenti, sono sospese le ristrutturazioni dei palazzi, è minacciata la sopravvivenza delle parrocchie in Italia e nel mondo.
Giudizio universale (ED. CHIARELETTERE, Pagg. 368, € 19,00) ,il libro è da stamattina nelle librerie, è un viaggio esclusivo nelle stanze più inviolabili dei sacri palazzi, tra riunioni a porte chiuse dov’è stato possibile ascoltare a viva voce i moniti e le parole allarmate di Francesco. Un racconto in presa diretta realizzato grazie a oltre tremila documenti top secret, che arrivano fino all’estate del 2019.
Chi gestisce i depositi milionari intestati a cardinali e laici ormai defunti? Perché molte fondazioni benefiche registrano passivi clamorosi e nessuna rendicontazione? Che fine fanno i lasciti dei fedeli? Perché allo Ior, già prima della rinuncia di Benedetto XVI, tanti clienti fuggono chiudendo i conti?
Voragini nei bilanci, crollo delle offerte, lotte di potere, e ancora le ombre di tre banche dalle contabilità misteriose, che sfuggono a ogni controllo e alimentano interessi opachi. Ciò che qui viene svelato provocherà una profonda inquietudine, non solo tra i cattolici. Eppure fotografa una realtà che potrà essere affrontata solo se non resterà nascosta, ma diventerà patrimonio di tutti.
Un libro esplosivo, che è già sul tavolo sul tavolo del Promotore di Giustizia del Vaticano. Come con altri libri di Nuzzi, anche questo farà discutere l’opinione pubblica.
L’Autore
Gianluigi Nuzzi è autore di diverse inchieste che hanno avuto vasta eco, anche internazionale.
Nel 2009 il suo primo libro, Vaticano Spa, rivela, grazie alle carte segrete di monsignor Renato Dardozzi, gli scandali finanziari e politici dalla fine dell’epoca di Marcinkus agli anni Novanta del secolo scorso. Nel 2012 Sua Santità rende pubbliche le carte riservate del papa, stravolgendo gli equilibri di potere nei sacri palazzi e facendo scoppiare una crisi che contribuirà alle dimissioni di Benedetto XVI nel 2013. Nel 2015 Via Crucis racconta i primi anni del pontificato di Francesco e l’inizio di una rivoluzione per una Chiesa finalmente trasparente e rivolta agli ultimi. Per questo libro, per aver rivelato documenti top secret, Nuzzi sarà processato in Vaticano e poi prosciolto. Nel 2017 Peccato originale racconta, sempre grazie a documenti interni alla Santa sede, la fitta trama di scandali che ha segnato la Chiesa da papa Luciani al pontificato di Francesco, con scoop come le rivelazioni di abusi all’interno del Preseminario San Pio X, do, €ve vivono i chierichetti del papa, oppure la trattativa segreta tra Santa sede e magistratura sul caso Emanuela Orlandi. Dal 2013 conduce su Rete 4 Quarto grado, trasmissione incentrata sui grandi casi di cronaca che appassionano e dividono l’opinione pubblica.
In esclusiva, per gentile concessione, pubblichiamo l’introduzione del libro

Gianlugi Nuzzi (Ansa)
Questo libro
Un parassita insaziabile
Se il pontificato di Francesco fallirà non sarà a causa degli
attacchi strumentali dei cattolici più conservatori e nemmeno
per la crisi delle vocazioni o per la riduzione del numero
dei fedeli. Sarà per il crac finanziario che si prospetta sempre
più vicino. Il deficit del Vaticano è ormai «strutturale», come
denunciano riservatamente i consiglieri di Bergoglio. È come
un parassita vorace e insaziabile, sempre all’attacco di una
ricchezza accumulata nei secoli grazie alle pie offerte dei fedeli.
Un virus che sembra davvero imbattibile, refrattario a
tutte le cure che gli uomini di Francesco hanno approntato
per evitare lo sconquasso dei conti dei dicasteri che oltre il
colonnato del Bernini amministrano la Chiesa nel mondo,
indicando l’indirizzo teologico a un miliardo e 299 milioni
di cattolici.
Gli effetti della malattia sono devastanti e già ora s’iniziano
a cogliere. Un Vaticano privo di risorse impedisce a Francesco
di finanziare l’aiuto ai poveri, agli immigrati, ai bisognosi. Il
Verbo, lasciato privo di una concreta azione persuasiva, s’indebolisce
fuori e dentro le mura. Con le casse vuote s’ipoteca
la missione evangelica della Chiesa nel mondo e la vita stessa
del piccolo Stato è messa a repentaglio.
Più il futuro si tinge di nero, più Bergoglio si trova a gestire
situazioni eccezionali, a confrontarsi con i peggiori numeri
di sempre dell’economia vaticana, a compiere scelte che
difficilmente conciliano le necessità economiche con i dogmi
della dottrina, della Chiesa sociale e della finanza etica. A fine
maggio del 2019 sul tavolo del papa sono arrivati i dati di
bilancio, lo stato di salute dell’Apsa, il dicastero più importante
del Vaticano, considerato il polmone finanziario del
piccolo Stato, essendo di fatto la sua cassa centrale. Nel dossier
di poche pagine si legge testualmente che «per la prima volta
nella storia» l’esercizio del 2018 si chiude in negativo. Non
era mai accaduto. Mai il risultato operativo era sceso del 27
per cento, mai quello finanziario aveva registrato un -67 per
cento, né quello di gestione un -56 per cento, precipitato
addirittura al -115 per cento prima degli interventi massicci
per ripianare le perdite.
Una gestione catastrofica
Le cause sono sotto gli occhi di tutti. Basta volerle vedere. È
sufficiente studiare la gestione del patrimonio immobiliare
della stessa Apsa: ben ottocento proprietà sono tuttora sfitte,
non garantiscono perciò alcun reddito, mentre dei 3200 beni
dati in locazione, il 15 per cento è concesso a canone nullo,
ovvero dato in affitto a zero euro di pigione, e almeno la metà
dei contratti prevede canoni agevolati. Saldi per tutti dunque,
a spese dello Stato, alla faccia di chi aveva versato generose
offerte o lasciato la casa in eredità credendo nella missione
della Chiesa. E soprattutto alla faccia di quanti avevano
creduto alla promessa che le sacche dei privilegi sarebbero
state finalmente colpite e la situazione del tesoro immobiliare
normalizzata, come riportato dai media nel 2015, dopo i racconti del mio precedente libro, Via Crucis.
La situazione non solo non è migliorata, è persino peggiorata: i cardinali vivono
tutti nelle loro dimore da quattrocento o cinquecento metri
quadrati mentre papa Francesco si isola nella residenza di
Santa Marta, lasciando l’appartamento pontificio disabitato
e preferendo mangiare al refettorio della struttura dove può
tenere nascosta fino all’ultimo la composizione del suo pasto.
La questione della sicurezza, infatti, è un altro serio problema
dello Stato. Basterà leggere in Appendice il dossier riservato
che illustra le misure predisposte per garantire la sicurezza dei
due papi e dello Stato Città del Vaticano.
Ma torniamo all’Apsa, perché la banca centrale è in crisi
non solo a causa della catastrofica gestione immobiliare, ma
anche per i cospicui prestiti elargiti e gli investimenti. Se
questi ultimi nel 2018 sono scesi di 100 milioni, le linee di
credito destano invece forti dubbi. È il caso, ad esempio, del
prestito da 50 milioni di euro che l’Apsa ha erogato nel 2014
alla Congregazione dei figli dell’Immacolata concezione per
risanare il dissesto dell’ospedale Idi di Roma, soldi che non
rientreranno mai sui conti della banca centrale. O della sostanziosa
partecipazione nel colosso farmaceutico Roche: è stata
dismessa, ma i 22,5 milioni incassati nel 2016 e gli altri 15,9
nel 2017 hanno sortito solo un modesto effetto positivo. A
poco a poco il Vaticano vede svuotarsi la cassetta delle offerte
e lievitare le spese e i costi di gestione della pachidermica
macchina dello Stato.
Mai si era verificato prima che, nella ricerca disperata di
risorse, la Santa sede decidesse di iniziare a vendere l’argenteria
dello Stato, ovvero a dismettere il proprio patrimonio
immobiliare, valutando la possibilità di collocare sul mercato
nientemeno che l’immensa proprietà di 424 ettari nel territorio
di Santa Maria di Galeria, alla periferia nord-ovest di
Roma, un’area grande quasi dieci volte l’intero Stato. Francesco è di fronte a un bivio: cedere la proprietà, alleggerendo il passivo del Vaticano, o restare in possesso dell’area per evitare speculazioni edilizie, estranee alla sua linea di governo. In
una riunione riservata con alcuni cardinali, il 12 febbraio
2018, il papa ha mostrato fermezza: «Sono contrario all’utilizzo
speculativo del territorio finalizzato alla mera massimizzazione
dei profitti». Così i porporati a lui più vicini hanno
valutato proposte alternative (da un centro di produzione
fotovoltaica a un’area per i più bisognosi), ma finora non le
hanno ancora rese operative.
La questione dell’immagine è fondamentale per Francesco.
Questo pontificato, infatti, come e più dei precedenti, riconosce
alla risonanza mediatica di ogni scelta un’assoluta centralità.
Lo dimostra la costituzione di una commissione incaricata
di valutare tutte le ricadute possibili di ogni iniziativa,
a cominciare da quelle reputazionali. O l’inasprimento delle
leggi per perseguire chi diffonde notizie riservate su quanto
accade oltretevere.
Così, se la crisi profonda inquieta e fa intravedere il default
alle porte, imponendo scelte radicali e immediate, queste
ultime vengono via via sfumate e rinviate per timore di ripercussioni
negative sull’immagine della Santa sede e per possibili
contrasti con i principi della Chiesa sociale.
Un esempio lampante: la forza lavoro in Vaticano è sovradimensionata
e minata da una «cattiva gestione dei beni non
legata a corruzione ma a incompetenza», come si legge in una
relazione del febbraio 2018 stilata dal consiglio per l’Economia.
Il numero delle ore di straordinario cresce vertiginosamente
(solo quelle del Governatorato sono state ben 500,413 nel
2016). Ma nessuno mai si sognerebbe di licenziare un dipendente
incapace o di mettere alla porta chi ruba. Viceversa
vengono allontanate le persone chiamate ad aiutare il papa a
fare pulizia, come il revisore generale Libero Milone, oppure i collaboratori più vicini al santo padre, come monsignor Dario
Viganò, delegittimato in seguito ad accuse che grazie a questo
libro andranno attentamente riconsiderate.
Del resto sarebbe troppo facile prendersela con i lavoratori
del piccolo Stato, visto che da sempre dentro le mura vaticane
prevale la tendenza a non avere una gestione manageriale
del personale, con la conseguenza che mancano impiegati
qualificati e quelli che ci sono non dispongono dei mezzi e
dell’aggiornamento formativo adeguato. «Rimane elevato il
numero di operazioni manuali, con corrispondente elevata
esposizione al rischio di errori in assenza di adeguati controlli
» si legge in un documento sui bilanci aggregati 2016 distribuito
il 4 luglio 2017 ai cardinali più vicini a Francesco nelle
scelte economiche.
Rompiamo il silenzio
Questo libro è il diario della lotta di papa Francesco per fermare
la corsa verso il fallimento finanziario del Vaticano, una
situazione che già aveva allarmato Benedetto XVI, perfettamente
consapevole di come fosse necessario un cambio di
passo per evitare il crac. Cambio che tuttavia con Bergoglio
non è ancora avvenuto, o per lo meno non si è realizzato alla
velocità che tutti speravano.
Le pagine che seguono sono una ricostruzione drammatica,
resa possibile grazie a oltre tremila documenti raccolti dal
2013 a oggi, tutti riservati e finora mai divulgati. Fanno emergere
la verità sui soldi sottratti, la mala gestione, le ruberie di
cardinali e alti prelati, le lotte di potere lontane dal Vangelo,
le ombre di tre banche dalla contabilità misteriosa. Tutto
questo crediamo vada reso noto con lo stesso spirito di servizio
che ha sempre animato le nostre inchieste, a partire dal 2009, con Vaticano S.p.A., per proseguire nel 2012 con Sua Santità e le carte della scrivania di Benedetto XVI, e poi ancora nel 2015 con Via Crucis, che fotografava i disastri scoperti
da Francesco dietro il colonnato del Bernini, fino al libro che
precede quello che ora state per leggere, Peccato originale, che
individuava la radice dei mali nelle storie più torbide del
Vaticano, svelando come, ancora oggi, in quel piccolo Stato
il denaro è per taluni più importante delle anime.
In realtà la curia romana, al di là delle buone intenzioni dei
papi del secolo scorso e di questo inizio di millennio, una
riforma vera non l’ha mai attuata. Ogni tentativo è stato
anestetizzato, bloccato, sabotato. Questo libro aiuta a farsi
un’idea precisa degli intrecci d’interessi, denaro e potere che
animano taluni cardinali e monsignori, svelando per la prima
volta la fitta rete di conti correnti, operazioni finanziarie e
speculazioni che attanaglia il Vaticano.
Un mondo sommerso governa i sacri palazzi e accende
guerre di potere, indifferente al crac che si prospetta all’orizzonte,
sordo ai richiami del papa che del piccolo Stato, oltre
a essere il leader religioso, è anche il monarca assoluto. Il
silenzio che fino a oggi ha contrassegnato il rischio di fallimento
della Santa sede è finalmente rotto. Ciò che qui viene
svelato provocherà una profonda inquietudine, non solo tra
i cattolici. Eppure fotografa una realtà che potrà essere affrontata
solo se non resterà nascosta, ma diventerà patrimonio di
tutti.